Il giudice della seconda sezione del Tribunale civile di Firenze, Susanna Zanda, con un decreto d’urgenza, firmato il 6 luglio scorso, ha sospeso temporaneamente il provvedimento dell’Ordine degli Psicologi della Toscana che vietava ad una dottoressa di Pistoia di esercitare la sua professione di psicologa perché non vaccinata. La psicologa, sospesa dal lavoro perché non aveva aderito alla campagna vaccinale contro il Covid-19, nel frattempo è stata reintegrata dal giudice nel suo posto di lavoro e potrà esercitare "in qualunque modalità (sia in presenza che da remoto) alla stessa stregua dei colleghi vaccinati".
L’udienza di merito per discutere la revoca, la conferma o la modifica del provvedimento in contraddittorio è stata fissata dal giudice Zanda per il 15 settembre. Difesa dall’avvocato Raul Benassi di Piombino (Livorno), la psicologa ha fatto ricorso cautelare urgente in Tribunale per chiedere la sospensione del provvedimento assunto dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Toscana il 19 ottobre 1921 "per mancato assolvimento dell’obbligo vaccinale". Il giudice ha accolto molte delle osservazioni presenti nel ricorso. "La sospensione dell’esercizio della professione rischia di compromettere beni primari dell’individuo quale il diritto al proprio sostentamento e il diritto al lavoro di cui all’art. 4 inteso come espressione della libertà della persona e della sua dignità, garantita appunto dalla libertà dal bisogno".
Il giudice, pertanto, riconosce che "da molti mesi" la psicologa "non può più esercitare la professione e sostentarsi col proprio lavoro, unica fonte di sostentamento". Nel provvedimento d’urgenza il giudice Zanda accoglie, poi, una serie di osservazioni proprie dei no vax secondo cui la vaccinazione non coprirebbe totalmente dal Covid. La legge sull’obbligo vaccinale si propone di "impedire la malattia e assicurare condizioni di sicurezza in ambito sanitario" ma il giudice rileva che "questo scopo è irraggiungibile perché sono gli stessi report di Aifa ad affermarlo". E poi si fa riferimento ad un "fenomeno opposto a quello che si voleva raggiungere con la vaccinazione, ovvero un dilagare del contagio con la formazione di molteplici varianti virali e il prevalere numerico delle infezioni e decessi proprio tra i soggetti vaccinati con tre dosi".
Il giudice cita l’articolo 32 Costituzione: "Dopo l’esperienza del nazi-fascismo non consente di sacrificare il singolo individuo per un interesse collettivo vero o supposto e tantomeno consente di sottoporlo a sperimentazioni mediche invasive della persona, senza il suo consenso libero e informato". Ma per il giudice "un consenso informato non è ipotizzabile perché il meccanismo del loro funzionamento è coperto da segreto industriale e militare".
"A tutt’oggi non si conoscono i componenti dei sieri e gli effetti a medio e lungo termine come scritto dalle stesse case produttrici mentre si sa che nel breve termine hanno già causato migliaia di decessi ed eventi avversi gravi". Il giudice rileva anche "un’innegabile discriminazione rispetto ai colleghi vaccinati che possono continuare a lavorare pur avendo le stesse possibilità di infettarsi e trasmettere il virus". Il giudice pertanto sostiene che la psicologa "non possa essere costretta, per poter sostentare se stessa e la sua famiglia, a questi trattamenti iniettivi sperimentali talmente invasivi da insinuarsi nel suo Dna alterandolo in un modo che potrebbe risultare irreversibile, con effetti ad oggi non prevedibili per la sua vita e salute". Per tutti questi motivi e ritenuto che l’obbligo vaccinale per lavorare "sia del tutto discriminatorio e violi il regolamento europeo n. 9532021 self executing che vieta discriminazioni dei cittadini europei fondate sullo stato vaccinale", il giudice ha sospeso il provvedimento che vieta alla psicologa di lavorare in quanto non vaccinata.