La rinascita parte dalle comunità: "I nostri monti non devono morire". Strategie contro lo svuotamento

La riflessione di Remo Fattorini come contributo per invertire la tendenza e valorizzare le potenzialità

La rinascita parte dalle comunità: "I nostri monti non devono morire". Strategie contro lo svuotamento

La riflessione di Remo Fattorini come contributo per invertire la tendenza e valorizzare le potenzialità

E’ un affresco scritto da chi ama profondamente la nostra Montagna il contributo che ci porge Remo Fattorini, che oggi vive a Firenze, ma è pistoiese ed è una voce autorevole come giornalista e scrittore. Questo suo scritto è un analisi compiuta di tutte le potenzialità della Montagna Pistoiese e un invito a far leva su tutte, perchè in agguato c’è lo spettro della Montagna che si svuota.

"Fine settembre, inizio ottobre. Il momento perfetto per rifugiarsi sull’Appennino, lontani da una Firenze ancora oppressa da traffico, turisti, e smog. Nelle città il caldo persiste, ma qui a Pian di Novello siamo già in autunno inoltrato: l’aria è frizzante, le temperature scendono sotto i 12 gradi, e le foreste di faggi esplodono nei colori caldi della stagione, offrendo uno spettacolo unico. Eppure, parlando con i locali, emerge un paradosso. Mentre le città diventano forni invivibili per il cambiamento climatico, queste montagne, nonostante l’aria pulita e la quiete, si stanno svuotando. Anche il turismo, che potrebbe essere una risorsa vitale, non decolla. Qui c’è ciò che le città hanno perso – niente caos, niente smog, solo benessere – eppure la montagna soffre.

"I giovani se ne vanno, i bambini non nascono, gli anziani restano soli. Dal 1971 la popolazione è calata di oltre un terzo. Continuando così, la montagna rischia di morire, con tutto il suo straordinario potenziale. Invertire questa tendenza deve diventare una priorità, una vera sfida che richiede risorse, idee e progetti concreti per rendere la montagna attrattiva, per viverci davvero. Da anni si parla di un nuovo modello di sviluppo locale e turismo sostenibile, ma le promesse sono rimaste parole. Unico progetto concreto: la nuova funivia Doganaccia-Corno alle Scale, quasi 16 milioni di investimento per sostenere il turismo sciistico. Ma ha senso investire ancora e solo nelle sci, inverni sempre più brevi e nevicate sempre più scarse? Il futuro dell’Appennino non può dipendere da un’unica funivia.

"Servono idee nuove, capaci di richiamare residenti e visitatori per tutte le stagioni. La rinascita della montagna non può che partire da chi già ci vive, dalle comunità locali, dai Comuni. Il loro protagonismo è essenziale per convincere Regione, governo e privati a credere e investire in queste terre. Senza questo impegno, ogni progetto resterà un miraggio. Un esempio emblematico: il 5 ottobre, con la montagna piena di cercatori di funghi ed escursionisti, il rifugio La Selletta e le strutture di Abetone erano chiuse.

"Come possiamo attrarre turisti se i servizi non sono disponibili? Eppure questa montagna ha tutte le potenzialità per essere attrattiva. Si potrebbe partire dal turismo rigenerativo, che valorizzi il benessere del corpo e della mente, creando connessioni tra persone e territorio. Si potrebbe investire in spazi di coworking, per rendere possibile il lavoro a distanza, o creare villaggi residenziali per anziani e programmi di invecchiamento attivo, con reti di supporto leggere, in cui l’età non sia una barriera, ma uno stimolo per continuare a imparare e crescere. Offrire una vacanza a misura di famiglia, con percorsi per tutte le età, aree attrezzate per il gioco e il relax.

"Ma per invertire lo spopolamento serve un di più. La chiave per riportare le persone a viverci stabilmente richiede una combinazione di incentivi, a partire dalla riduzione delle tasse: un sistema fiscale su misura per le aree montane, riduzione delle imposte locali, incentivi per il recupero e ristrutturazione degli edifici, fondi speciali per l’avvio di piccole imprese, investimenti in infrastrutture moderne, banda larga, trasporti efficienti e una sanità adeguata. Esperienze simili hanno già dato risultati positivi, in Sicilia, nel Trentino-Alto Adige e in Piemonte, dove hanno attratto residenti, turisti e riattivato l’economia locale. Vivendo in montagna ci sono sfide: è più faticoso, più costoso, spesso più scomodo. Ma se il futuro di questi territori è un interesse comune, devono esistere compensazioni che rendono la vita qui più accessibile e sostenibile. Insomma: a basso costo. Perché non provarci?".

l.a.