Le mura di Pistoia, la storia che parla ancora

L’architetto Nicola Bottari ha ricostruito secoli di guerre e particolari inediti di una parte di città che oggi chiede di essere salvata

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Quando davvero Pistoia finì nelle mani di Firenze? Qual era la reale fisionomia del nostro guscio cittadino, le mura, e chi era incaricato della loro sorveglianza? E ancora: qual era la funzione della Fortezza San Barnaba, oggi Santa Barbara, e chi ne deteneva le chiavi? Sono serviti quasi cinque anni di ricerche e studi per rispondere a queste domande e mille altre ancora attorno alla nostra cinta muraria, i cui risultati sono confluiti infine nel volume "Le mura trecentesche di Pistoia" (Società Pistoiese di Storia Patria, 2020) di Nicola Bottari, al centro di un incontro che si terrà domani (ore 17.30) nella Sala Maggiore di Palazzo Comunale alla presenza dell’autore e dei professori Tommaso Braccini e Giuliano Pinto. Una preziosa miniera di informazioni spesso inedite che ha consentito di datare e certificare una quantità enorme di accadimenti non solo relativi alla vita delle mura, ma anche della Pistoia del XIV secolo.

"Questo lavoro è stato stimolato in particolare dall’uscita nel 2015 del bullettino storico monografico sulle mura – spiega Bottari –. L’idea di partenza era rimettere insieme tutti i lavori fatti per fare un po’ il punto di tutto ciò che era stato documentato finora, con un aggiornamento su prima e seconda cerchia e poi un focus particolare sull’ultima cerchia. Ne è emerso un panorama nuovo a livello storiografico di tutta la città, in particolare per quel che riguarda i dibattuti rapporti con Firenze. Documenti certi testimoniano una genesi delle mura completamente diversa, con un’ampliamento della superficie della seconda cerchia avvenuto già nella seconda metà del 1200. Accadde per esempio anche in zona San Lorenzo, quando i frati chiesero di demolire un pezzo della cinta per poter costruire il monastero. Si tratta di una gestazione lunga un secolo, comune anche alle altre città del centro nord del tempo, come Bologna. Nel libro ho poi aggiunto un consistente apparato iconografico, in modo da far comprendere il fatto che la costruzione delle mura non fu immediata, bensì un aggiornamento continuo".

Qualche curiosità sparsa: le chiavi della Fortezza erano custodite a Firenze, il che significava che da lì non si entrava né si usciva; la custodia delle mura era affidata ai pistoiesi maschi tra i 14 a i 70 anni in una sorta di leva militare che obbligava per un mese o due a trascorrere tutte le notti in servizio una cosa come 200 persone al giorno. E ancora: ogni notte dal campanile di piazza del Duomo due torrigiani avevano il compito di gridare una sorta di appello rivolto proprio a questi guardiani in servizio nelle cosiddette "bertesche" (le attuali garitte) per verificare che davvero stessero sorvegliando. "Attorno alle mura, considerate a torto nient’altro che una semplice barriera – conclude l’architetto -, si è sviluppata una parte importante della storia della città. Credo che il volume aiuti ad acquisire coscienza del valore di questo manufatto in una chiave di recupero di un’opera che oggi cade a pezzi".

linda meoni