
"L’ho saputo ieri, da un tenente dei carabinieri qui di Piacenza. "La chiameranno dal Quirinale", mi ha detto, gentilissimo. E io: "Me? Siamo sicuri?". Astutillo Malgioglio, 63 anni, ex portiere della Pistoiese (ma anche di Cremonese, Bologna, Brescia, Roma, Lazio, Inter e Atalanta) è uno dei trentatrè cittadini premiati dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella per essersi distinti per ingegno, coraggio e generosità. Malgioglio sarà "Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, per il suo costante e coraggioso impegno a favore dell’assistenza e dell’integrazione dei bambini affetti da distrofia".
Nel 1977, diciannovenne, visitando un centro per disabili nel Bresciano, sentì di doversi impegnare per i meno fortunati. Insieme alla moglie Raffaella, fonda a Piacenza l’Associazione "ERA 77", per il recupero motorio dei bambini affetti da distrofia, chiusa nel 2001 per carenza di fondi. Con l’ingaggio da calciatore, realizza una palestra per fornire un servizio gratuito di attività motoria. Da allora non ha mai smesso, tenendo sempre caro nel cuore quello stimolo ad impegnarsi per il prossimo, nato durante la sua esperienza a Brescia. . Oggi è testimonial in iniziative benefiche, sviluppa progetti di sport terapia e continua a battersi per l’integrazione nello sport fra disabili e normodotati. Alla notizia della sua nomina, l’ex calciatore racconta di aver provato più imbarazzo che sorpresa. "Lo dico davvero, non penso di aver fatto qualcosa di straordinario", commenta.
Astutillo Malgioglio arrivò in arancione dal Brescia, estate 1982. La Pistoiese giocava in serie B, secondo anno consecutivo dopo la retrocessione dalla serie A (1980-81). Dna da portiere, quelli "di un tempo": non genio e sregolatezza, ma quel pizzico di follia che non guasta quando hai il numero uno di maglia sulle spalle (a quel tempo "davvero" il numero uno, la numerazione seguiva l’ordine di formazione).
Il baffo come segno distintivo, le spalle larghe, l’aria apparentemente burbera che in realtà era solo veritiera di serietà e professionalità. Qualcuno lo definì l’acrobata: agilissimo, fra i pali come nelle uscite. Bravo, insomma, come confermò in tutto il campionato: 31 presenze in campionato (oltre alle 5 in coppa Italia), le sue mani a stringere forte una salvezza conquistata all’ultima giornata pareggiando contro il Milan (0-0, porta inviolata, ciliegina finale di una stagione da applausi che lo portò a meritarsi il trasferimento alla Roma).
Personaggio taciturno ma non schivo, sempre un passo indietro e mai in vetrina, nonostante la sostanza da calciatore e lo spessore umano: unico laureato della squadra, in medicina. Ma solo col tempo e solo a pochissimi intimi l’aveva confidato. Una (rara) confessione di se stesso, una piccola apertura sul suo piccolo grande mondo fatto di sostanza e solidarietà. Soltanto mesi dopo si venne a conoscenza a Pistoia della decisione di aver aperto, assieme alla moglie, anni prima, un centro di riabilitazione motoria per bambini disabili.
E.C.