Pistoia, 30 aprile 2022 - Delle morti sul lavoro ha imparato a capire i dettagli: cosa soprattutto ha provocato l’incidente che ha messo fine a una vita, col carico di dolore esteso che sempre coinvolge una famiglia. Si è fatta una cultura, per niente approssimativa, delle leggi che tutelano i lavoratori e dei progetti che la politica mette in campo, spesso disattesi. A un anno dalla morte della sua Luana, Luana D’Orazio, uccisa dall’orditoio al quale lavorava ad appena 22 anni, in un’azienda di Montemurlo, Emma Marrazzo parla con una nuova e lucida consapevolezza e chiede conto a tutti di quel dolore che ha travolto la sua vita e quella del piccolo di 6 anni che lei sta crescendo, un nipote che ora più che mai è diventato un figlio.
«Questo è il momento di non mollare – spiega – di investire risorse. Ed è compito della politica farlo. Le risorse servono, perché serve personale da inviare nelle ditte, per aumentare i controlli. Controlli più frequenti nelle aziende, che siano a sorpresa, e che spulcino ogni dettaglio. Troppo spesso queste verifiche vengono fatte saltuariamente e quasi annunciate: così valgono a poco".
Ha tante idee Emma, ha preso questa battaglia per la sicurezza come una missione, e spera che le cose possano cambiare. "La mia idea è che servirebbero telecamere nei posti di lavoro. Lo so, molti penseranno alla privacy degli operai, da tutelare: ma c’è prima di tutto da salvare loro la vita. Se ci fosse stata una telecamera nell’azienda dove lavorava mia figlia, oggi la verità la sapremmo tutti".
«Penso agli ultimi attimi di vita di mia figlia, che è finita come un topolino nell’ingranaggio che l’ha risucchiata, una macchina a cui era stato tolto il dispositivo di sicurezza. Penso a chi ha fatto quella modifica. Ecco io credo che bisogna pensare alle conseguenze delle proprie azioni, e non solo al guadagno, anche se serve a tutti".
Ma anche la burocrazia va cambiata, perché non resti carta inutile. " Ci vorrebbe più trasparenza nei contratti. Anche quello di mia figlia diceva cose diverse dalla realtà dei fatti: Luana era inquadrata con una mansione assai diversa da quella per la quale di fatto era impiegata".
Poi il pensiero va alla sua famiglia, a quel dolore ancora e sempre vivo che chiede di avere un senso. "Io mi occupo di mio nipote che oggi ha 6 anni – racconta mamma Emma – Me ne occupo tutti i giorni, ma non sono sola a farlo. Con me c’è Alberto, il fidanzato di Luana, e tutta la sua famiglia. Mio nipote va a scuola: penso ogni giorno a quanto si sarebbe divertita Luana a seguirlo. Voleva insegnargli a leggere e scrivere, non vedeva l’ora. Lui la nomina in ogni momento, quando prendo la sua macchina, quando sposto un oggetto: è una presenza che ci dà gioia, nonostante il dolore. Perché Luana era soprattutto una persona divertente: faceva ridere anche i muri. Ed è così che vorrei ricordarla oggi e ancora di più domani a suo figlio".
«Mio nipote – racconta ancora Emma – aveva sua madre e Alberto che lo coccolavano e lo crescevano insieme. Oggi ha le nostre due famiglie che sono più unite che mai: Alberto lo viene a prendere e lo porta a divertirsi. E porta anche mio figlio. Lui non si è ripreso dalla morte della sorella: per un giovane disabile, una sorella come lei era un’ancora per il futuro. Lui dice sempre: mamma, mi hanno tolto la sicurezza. Luana sognava di trovare una casa grande per vivere tutti insieme. Oggi viviamo un’altra vita, ma cerchiamo di andare avanti, nel ricordo della sua gioia. Perché Luana era bella, non esteticamente, era una ragazza bella interiormente. E noi le dobbiamo questo sorriso".