LEONARDO BIAGIOTTI
Cronaca

"Luana mi diceva che lavorava sempre sola. Aveva chiesto in azienda di essere affiancata"

La denuncia della mamma sulle preoccupazioni che manifestava la ragazza. E spunta un suo audio: "Macchinario mezzo tronco"

Luana D'Orazio

Luana D'Orazio

Pistoia, 29 maggio 2021 - Non ha sentito il messaggio audio WhatsApp di sua figlia al fidanzato, ma il contenuto, di certo, non l’ha sorpresa. Se Luana nel vocale parlava del tanto lavoro in azienda e del fatto di essere lasciata sola, a lei, la mamma, quelle cose le aveva dette più volte. "Sì, quando tornava a casa mi raccontava che lavorava tanto e che era quasi sempre sola", ricorda Emma Marrazzo. E ancora: "Io le raccomandavo di dire qualcosa in azienda, ma lei rispondeva che tanto era inutile, che faceva quello che le veniva detto. Però mi aveva anche raccontato di aver fatto presente che lei non poteva stare sola, doveva essere affiancata da qualcuno in quanto apprendista e che se ci fosse stato un controllo ci sarebbero stati problemi".

Emma Marrazzo (foto Acerboni/Fotocastellani)
Emma Marrazzo (foto Acerboni/Fotocastellani)

La mamma di Luana ricorda poi che la figlia lavorava da due anni in azienda, quindi conosceva il macchinario che usava e "sapeva quello che faceva", come aveva già avuto modo di sottolineare, ma certo adesso più che mai vuole "tutta la verità, perché tragedie come questa non si ripetano mai più". La famiglia di Luana sta provando faticosamente a ricostruire una normalità che è ancora lontana. Intanto tenendo vivo il ricordo della giovane operaia morta lo scorso 3 maggio a Oste, in provincia di Prato. Il prossimo 5 giugno, nella chiesa di Spedalino Asnelli ad Agliana, dove lo scorso 10 maggio è stato celebrato il funerale dal vescovo di Pistoia Fausto Tardelli, si terrà una messa in ricordo della ventenne.

Nel frattempo la Procura continua a lavorare su più fronti per trovare risposte alla tragedia. Quello della giovane che a quanto pare si ritrovava più volte da sola in fabbrica è un particolare che alimenta altri interrogativi sulle condizioni di lavoro nell’orditura dove Luana D’Orazio ha perso la vita a 22 anni. Domande che sembrano rinforzate da un altro passaggio audio, quello in cui Luana parlerebbe di "un macchinario mezzo tronco" (ma non è chiaro di quale si tratti, se del macchinario che poi l’ha uccisa o di quello gemello). La Procura di Prato, guidata da Giuseppe Nicolosi, agli atti ancora non ha l’audio inviato da Luana al fidanzato visto che i consulenti legali della famiglia della vittima al momento non l’hanno depositato. "E comunque – fanno sapere fonti investigative – per noi adesso sono rilevanti altri aspetti".

A proposito del messaggio audio, le indiscrezioni uscite in questi giorni hanno provocato intanto la reazione di Alberto Rocca, legale che rappresenta la titolare dell’azienda dove lavorava Luana: "Trovo inaccettabile che mentre è in corso un’inchiesta penale si corra a disvelare un audio non consegnato al pm, celando la fonte e su quell’audio costruire tesi di accusa".

Dopo il nuovo sopralluogo nella ditta di Oste per portare avanti la perizia sul macchinario che ha ucciso l’operaia, ci si sta concentrando sui dati della scatola nera dell’orditoio, che devono essere decifrati. Nei prossimi giorni, invece, verrà interrogato il manutentore indagato insieme alla titolare dell’azienda.

Gli inquirenti cercheranno di valutare anche il rispetto delle norme antinfortunistiche, attraverso l’esame approfondito dell’abbigliamento che la giovane mamma indossava lo scorso 3 maggio mentre stava lavorando nell’Orditura Luana. Finora i periti avrebbero accertato che, come già verificato con l’orditoio gemello presente nella stessa azienda, anche in quello affidato a Luana erano disattivati i dispositivi di protezione.

Sicuramente la scatola nera, una volta decrittata dai periti grazie all’aiuto dei tecnici della ditta tedesca Karl Mayer, azienda costruttrice dell’orditoio, potrà fornire dettagli in più sulla fase di lavorazione in cui si trovava il macchinario affidato a Luana nel momento in cui l’operaia è stata agganciata e schiacciata dai rulli attorno ai quali si avvolge il filato. E’ questa la prova decisiva per ricostruire l’esatta dinamica della tragedia.