Ci sarà da aspettare ancora un mese per conoscere l’esito della perizia sull’orditoio che lo scorso 3 maggio ha ucciso la ventiduenne Luana D’Orazio. L’ingegnere Carlo Gini, a cui il sostituto Vincenzo Nitti, titolare dell’inchiesta, ha affidato la perizia, ha chiesto e ottenuto un’altra proroga, dopo quella dell’11 luglio che già aveva rimandato di un mese la consegna del documento. Un rinvio, quest’ultimo, voluto per scrupolo vista la complessità dell’indagine: la relazione è un atto fondamentale nell’inchiesta che deve far chiarezza sugli ultimi secondi di vita della giovane mamma operaia pistoiese.
L’ingegnere Gini, specializzato in automazione aziendale, dovrà stabilire se ci sia stata la manomissione del quadro dei comandi dell’orditoio, un Karl Mayer di fattura tedesca, che avrebbe permesso al macchinario di lavorare con la saracinesca di protezione alzata. La macchina assassina è stata sequestrata dopo la tragedia, insieme a un’altra molto simile, ma non identica, per poter effettuare un confronto. Il perito della procura dovrà anche rispondere all’interrogativo sulla fase di lavorazione a cui era arrivata Luana quando ha perso la vita.
Gli indagati sono tre, per le ipotesi di reato di omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti-infortunistiche: Luana Coppini, la titolare dell’orditoio di Oste di Montemurlo che porta il suo nome, in cui si è consumata la tragedia e il marito Daniele Faggi (difesi dagli avvocati Alberto Rocca e Barbara Mercuri) e il tecnico manutentore esterno Mario Cusimano, incaricato di certificare la regolarità del macchinario (difeso dal legale Melissa Stefanacci). La donna ha risposto alle domande degli inquirenti, così come Cusimano, che è stato sentito due volte. Faggi, invece, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
La procura di Prato, che deve individuare la causa che ha determinato il terribile evento e chi ha fatto cosa in questa terribile vicenda, ha incaricato la guardia di finanza di compiere accertamenti: le fiamme gialle hanno acquisito materiale cartaceo e informatico sia all’interno dell’azienda che nelle abitazioni degli indagati. Un altro fronte specifico su cui si è mossa la procura è quello dell’abbigliamento: Luana secondo gli inquirenti non indossava la tuta, non aveva quindi indumenti anti-incaglio quando è stata risucchiata in quella trappola mortale. Fondamentali, al fine delle indagini, anche gli accertamenti del medico legale, già depositati.
Per sapere la verità su quello che è successo quella tragica mattina del 3 maggio ci sarà quindi da spettare un altro mese, ovvero che la perizia dell’ingegnere Gini arrivi sulla scrivania del procuratore Giuseppe Nicolosi e del sostituto Vincenzo Nitti. Un quadro complesso di cui fanno parte anche le testimonianze dei colleghi della giovane raccolte dagli inquirenti, le dichiarazioni di Coppini e Cusimano e l’analisi di e-mail, messaggi, fatture e documenti.