LUCIA AGATI
Cronaca

"Meravigliosa nonna" Ottavina, dalla povertà alla vita dei suoi sogni. Il ricordo dei nipoti

Dai giorni della guerra al primo impiego: vendeva grissini torinesi porta a porta. Poi la brillante intuizione del negozio di bomboniere e la vita agiata che sognava. I grandi dolori non l’avevano piegata

Il 18 marzo 2023 Ottavina Maestripieri aveva festeggiato 90 anni

Il 18 marzo 2023 Ottavina Maestripieri aveva festeggiato 90 anni

Pistoia, 25 giugno 2023 - La sua voce è stata soffocata per sempre il primo di giugno, poco dopo l’alba, nella casa dov’era sempre vissuta. L’ultima cosa che ha visto sono state le mani del figlio che si avventavano su di lei. In pochi minuti la sua vita, vissuta ogni giorno con una inarrestabile energia, con tenacia e con la voglia di migliorarsi, sempre, è svanita insieme a tutti i sacrifici che aveva fatto per la sua famiglia, di cui ha avuto sempre immensa cura. Ottavina Maestripieri non c’è più e suo figlio Patrizio Ruscio, 60 anni, è in carcere, reo confesso. Ma oggi, a restituirle quella voce, sono i suoi nipoti, i figli della sua prima figlia, Elisabetta, morta quando erano bambini, ventuno anni fa. Anche per sopravvivere a quel dolore sconfinato Ottavina aveva attinto a tutte le sue forze, aveva lottato senza fermarsi mai.

"La nonna era nata povera. Poverissima. E come accadeva in tempo di guerra, fu affidata a una zia, perché la crescesse. Di quegli anni ci raccontava sempre le sue amiche avevano cappotti buoni, che non si bagnavano quando pioveva. Un giorno la zia nel comprò uno anche a lei, ma non era di un buon tessuto e così, alla prima pioggia, lei tornò a casa tutta inzuppata. Noi ridevamo, quando ce lo raccontava, e abbiamo sempre davanti agli occhi anche un’altra scena incredibile. Nonna Ottavina ci diceva che quando il viale Adua non era ancora nemmeno la camionabile, veniva spesso attraversato dalle greggi delle pecore. C’era il filo spinato, e le pecore ci lasciavano ciuffi di lana, come dei gomitoli. Lei andava a prenderli a uno a uno e poi se li metteva intorno al collo come una sciarpa, per sentire meno freddo, d’inverno. Da giovanissima conobbe nonno Mario che veniva da un paesino sopra Pizzo Calabro e che si chiama Filadelfia. Lui aveva cominciato a lavorare a otto anni. Ma anche lei iniziò presto a lavorare. Il suo primo lavoro fu la vendita dei grissini torinesi. Porta a porta, negozio per negozio. La casa di via Monteverdi fu comprata negli anni Settanta e sotto, al pianterreno, i nonni aprirono un negozio all’ingrosso di dolci e liquori, poi ci fu l’apertura dei supermercati e l’attività andò male.

"Ma la nonna non si arrese e subito si reinventò. Perchè aveva una forza sovrumana, era testarda. Decise così di tentare con le bomboniere. Erano gli anni Ottanta. In poco tempo diventò bravissima e noi tante volte, nel retrobottega, siamo stati ad aiutarla, a chiudere i sacchettini dei confetti e a fare i fiocchetti.

"Lei era l’artista, il nonno Mario l’amministratore, lui rincarava i prezzi e lei faceva gli sconti ai clienti e li conquistava tutti. L’attività divenne così fiorente che accompagnò rapidamente la sua scalata sociale verso quel mondo dorato che le era sempre mancato, a cui aveva guardato come a un miraggio perchè aveva conosciuto la povertà, perchè era andata a raccogliere i ciuffi della lana delle pecore al filo spinato... Ed eccola quindi al Circolo del Golf di Montecatini, a farsi confezionare i vestiti dalle migliori sartorie di Bologna e diventare amica delle grandi famiglie pistoiesi come i Carrara e i Bonvicini. E la notte a lavorare, a fare le bomboniere, senza fermarsi mai. La nostra vita migliorò ancora e ci fu la possibilità di comprare una casa all’Argentario dove andavamo in vacanza tutti insieme. Fu poi venduta per ristrutturare quella di Masotti, una colonica del 1500. C’erano le stalle, il fienile, la mangiatoia. Fu completamente risistemata, ottocento metri quadrati, e diventò la casa per tutta la famiglia. C’era un prato immenso, e il lago. La nonna continuava ad abitare in via Monteverdi, ma la sera, al tramonto, veniva a Masotti a innaffiare il prato. Poi la nostra mamma morì, era il 2002 e le cose cominciarono a prendere un’altra piega, la situazione economica divenne precaria e fu necessario vendere la casa di Masotti. Fu acquistata da una imprenditrice di Prato. Era il 2008, e noi poi ci siamo trasferiti in città con il nostro babbo, e ci siamo fatti da parte. Il resto è storia. Nonostante tutto, la nonna era riuscita a mantenere la sua verve. Soffriva da sempre di artrite, che le aveva irrigidito le mani e la schiena, ma andava in palestra, e poi camminava. Era instancabile. Anzi, camminare non è il termine giusto: andava svelta svelta. Fino a tre anni fa andava a piedi da via Monteverdi fino al cimitero della Misericordia, dove c’era la tomba della mamma, poi trasferita in San Biagio".

"Il nonno Mario è morto due anni fa. Lui e la nonna Ottavina erano molto uniti. Negli ultimi tempi il nonno aveva necessità di tanta assistenza, e lei avrebbe avuto bisogno di tre persone accanto per affrontare la vita quotidiana, ma la nonna non aveva più una tale disponibilità economica e poteva fare conto soltanto sulle poche ore per un’assistente in convenzione e, soprattutto, su se stessa. Lavava tutto a mano, anche i lenzuoli. Era riuscita a fare in modo che la sua vecchiaia sembrasse serena, ma il frigorifero era vuoto, e lei stava vendendo le sue cose più belle. Da quando era rimasta sola si era creata dei passatempi, oltre al bridge e al burraco con le sue amiche, che le sono rimaste sempre vicine, si era comprata un computer portatile e con quello, la notte, giocava a carte. Aveva imparato a usarlo con una rapidità eccezionale. Le carte erano la sua grande passione. Due giorni prima della tragedia si era sentita poco bene e la sera del 31 maggio ci siamo sentiti per telefono. Ci ha detto che non aveva dormito. Da qualche tempo vedeva il nostro zio parecchio giù e aveva paura che lui facesse un gesto irreparabile. Invece è andata all’incontrario, è morta lei. Di noi ha avuto sempre cura. Lei non aveva potuto studiare e se ne rammaricava tanto. Da sola aveva imparato la stenografia, l’inglese e il francese. Ci ha sempre incoraggiato nei nostri studi. Non possiamo dimenticare con che abilità, e grazia, agghindava la tavola quando vivevamo a Masotti, e i suoi gnocchi, tutti insieme, la domenica mattina. E’ stata meravigliosa. Non l’abbiamo più vista. E non abbiamo potuto esaudire nemmeno il suo piccolo desiderio: essere sepolta con le sue carte da scala quaranta".