
Daniele Maiorino (foto Gabriele Acerboni/FotoCastellani)
Pistoia, 10 aprile 2025 – Alessio Cini sarebbe morto per intossicazione da cianuri sprigionati dalla combustione della tuta sintetica che indossava quando, dopo essere stato colpito al cranio e al torace, è stato dato alle fiamme mentre era ancora vivo. A dirlo è stato il dottor Brunero Begliomini, medico legale incaricato dalla difesa di Daniele Maiorino, operaio di 59 anni, imputato con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà. Davanti ai giudici della Corte d’Assise, il dottor Begliomini ha mostrato quello che ritiene poter essere un modello dell’attrezzo usato come arma dell’aggressione, che non è mai stata rinvenuta. Uno zappetto, attrezzo da giardino, che avrebbe provocato una ferita sul cranio della vittima diversificata in tre parti, descritta in maniera differente rispetto alla relazione del medico legale Ilaria Marradi, Ctu che eseguì l’autopsia su Cini.
L’omicidio, lo ricordiamo, avvenne all’alba dell’8 gennaio del 2024, nel piazzale della villetta trifamigliare dove Cini viveva alla Ferruccia di Agliana. Secondo il dottor Begliomini, Cini si difese con le mani, prima di essere colpito al cranio, e poi preso a calci nello sterno. Ma in ogni caso, Maiorino non avrebbe avuto la forza di colpirlo, data la sua menomazione al braccio destro (dovuta a un infortunio avvenuto nel 2004) che gli impediva di alzarlo e considerata l’altezza della vittima (un metro e 96).
Sulla traccia di sangue mista a terra rinvenuta su una scarpa dell’imputato e sulla quale è stato isolato il Dna della vittima, la genetista Martina Chiappelli, consulente della difesa, ha lasciato aperta l’ipotesi che la stessa possa essere stata dovuta al calpestio, dunque a una contaminazione successiva al delitto. Ma c’è un altro punto controverso nella ricostruzione dell’aggressione. Si tratta del “vuoto di registrazione” che la telecamera di sorveglianza dei vicini di casa ebbe quella mattina: la stessa che riprese il bagliore delle fiamme che avvolsero Cini, non avrebbe tuttavia catturato i minuti dell’aggressione. Una questione sulla quale è intervenuto il consulente informatico di parte Maurizio Berti.
Un vuoto di 36 minuti, dalle 5.51 alle 6.25, rispetto al quale il consulente ha ipotizzato più spiegazioni: il mancato utilizzo della app collegata alla telecamera sul cellulare del vicino di casa, oppure un’anomalia dell’apparato, ovvero il fatto che la telecamera possa essere stata staccata o spenta. Per questo, la difesa ha chiesto un supplemento di analisi sulle telecamere, ma anche sui dati del cellulare dei vicini di casa. Infine sui vestiti dei vicini che furono sequestrati ma che non furono analizzati. Il pm Leonardo De Gaudio e gli avvocati di parte civile si sono opposti. La Corte si è riservata. La prossima udienza sarà il 17 giugno.
M.V.