Orsigna, 23 febbraio 2023 - La forza dell'acqua, qui, muove gran parte delle cose ed è essa stessa artefice di una magia che sa d'antico: l'ingresso dell'acqua negli ingranaggi del molino, le macine che cominciano a muoversi, il profumo della farina dolce di castagne che invade quella piccola stanza i cui confini sono descritti dalla pietra. E un rumore tanto ripetitivo quanto cullante, quello delle castagne ormai secche che rotolano come sassolini e così facendo compiono il loro ultimo viaggio prima di diventar farina. Fuori dalla finestra del Molino di Giamba c'è l'Orsigna, terra tanto cara a Terzani, luogo dello spirito e della riconciliazione dove viver di castagne è una realtà che si consuma da tempo.
Il nostro viaggio comincia e finisce proprio dal Molino di Giamba, costruzione datata 1820, solo recentemente restaurato e inserito infine negli itinerari de ‘La vita quotidiana’ dell’Ecomuseo della Montagna Pistoiese, per raccontare un processo e una tradizione che chiede sempre più d'esser preservata tanto è diventata rara. Ad accompagnarci in questo tour è Alessandro Sabatini per l'associazione culturale Tre Mulini (che attualmente gestisce l'attività del molino), con il supporto del mugnaio Claudio Emilio Barbini cui è affidato il difficile compito della macinatura. A loro chiediamo com'è andata l'annata 2022 sul fronte della produzione.
«Gli abbassamenti di temperatura repentini – spiegano Barbini e Sabatini – hanno deteriorato il frutto creando una muffa invisibile che si è palesata solo dopo la bruciatura, in fase di selezione. Lo scarto ha raggiunto punte record, mai a questi livelli negli ultimi venti anni». Ma annata particolare a parte, ciò che è innegabile è che all’Orsigna la castagna è ancora il gancio che traina l’economia, ciò che, come dice Sabatini «fa aumentare il Pil della Valle». «La castagna qualche posto di lavoro qua l’ha creato e ne è prova anche ciò che è accaduto a Casa Colonna dove lo spirito imprenditoriale ha portato alla riabilitazione di metati e castagneti – continua Sabatini -. Oggi ci troviamo però di fronte a un bivio, con l’urgenza che venga riconosciuta questa realtà che produce e che crea identità locale. Servono contributi europei, e lo dico rivolgendomi a chi istituzionalmente può qualcosa, Regione su tutti, facendo un passo verso la meccanicizzazione, pur conservando com’è ovvio la tradizione. Occorrono cura e sforzi economici per rinnovarsi sul fronte tecnologico. Nel breve tempo Giamba resterà l’unica struttura nel suo genere in tutta la Toscana settentrionale. Questo è un museo che produce e non possiamo rischiare che sopravviva per solo spirito di volontariato».