REDAZIONE PISTOIA

'Appalti truccati, condannate tutti gli imputati'

Le richieste del pubblico ministero al processo 'Untouchables'. In tutto 92 anni e 4 mesi di carcere. La posizione più pesante è quella dell'ingegnere Marcello Evangelisti: chiesti 13 anni, 4 mesi e 2.500 euro e confisca di 430mila euro

Il pubblico ministero Francesco Sottosanti

Il pubblico ministero Francesco Sottosanti

Pistoia, 6 dicembre 2016 - Novantadue anni e quattro mesi di carcere, la confisca di due milioni e trecentomila euro. Il processo «Untouchables» è sempre stato quello delle grandi cifre a cominciare dalle pagine dei faldoni d’indagine: oltre diecimila. E lunedì pomeriggio, 5 dicembre, alle sei circa, il pubblico ministero Francesco Sottosanti ha concluso la sua requisitoria con richieste pesanti, soprattutto per alcuni dei sedici imputati. Uno per tutti: tredici anni, 4 mesi e 2.500 euro e la confisca di 430mila euro per l’ingegnere Marcello Evangelisti, ex capo dell’ufficio lavori pubblici del Comune di Pistoia, accusato di essere il maggior esponente della «cupola» che comprendeva pubblici funzionari e imprenditori e grazie alle cui «manovre» erano sempre, secondo l’accusa, le stesse ditte a vincere le gare. Mazzate che sono arrivate al termine di una requisitoria di tre giorni. Il dottor Sottosanti ha parlato per oltre venti ore. Un intervento incalzante, una macchina da guerra, precisa e inesorabile che ha ripercorso, passo dopo passo, tutta la fase dibattimentale del processo, cominciato il 30 ottobre del 2012. All’esordio della sua requisitoria il pm ha dedicato alle intercettazioni telefoniche e ambientali un corposo capitolo. Sistemi che hanno consentito, come ha detto in aula: «Di comprendere come negli ultimi anni veniva gestita l’assegnazione delle gare del Comune di Pistoia. Un sistema consolidato di corruzione riconducibile a Marcello Evangelisti». Un sistema che, secondo l’accusa, faceva perno su Roberto Riccomi e sulla sua rete di rapporti. Il pubblico ministero, ripercorrendo il capo di imputazione, ha fatto la radiografia di tutte le gare d’appalto, di tutte le intercettazioni dando valore non soltanto alle cose dette, ma anche a quelle taciute.

Perché anche l’attenzione a non parlare – ha sottolineato – era significativa. Ha analizzato l’intreccio dei rapporti della «compagine associativa» e i ruoli di ognuno. Ha parlato di soldi messi da parte dagli imprenditori per le mazzette. Le sue conclusioni sono cadute in un silenzio palpabile e sono state queste: «C’è ancora tanta corruzione e l’Italia non brilla e insieme alla turbativa degli incanti rappresentano reati gravi, ma senza vittime specifiche. Perchè il danno riguarda tutta la comunità. Il livello di corruzione incide sulla vita di tutti i cittadini, mina alla base i principi di trasparenza e di uguaglianza. Siamo di fronte a una grave condotta di pubblici ufficiali e imprenditori. Ed è grave, desta preoccupazione, che un imprenditore superi le regole della pubblica concorrenza». Facendo uno strappo, una eccezione alla sua granitica riservatezza (non ha mai preso parte a una conferenza stampa), il pm Sottosanti ha chiuso la sua requisitoria con un accenno alla sua vita personale: «Ho perso mio padre durante questo processo. Lui mi diceva sempre “Francesco, quando devi fare una cosa, falla in modo che nessuno possa dire di averla fatta meglio di te“. Ho cercato di fare il massimo. Ora sta voi – rivolgendosi ai giudici – . Fatelo in modo che nessuno al mondo possa dire di averlo fatto meglio. So che lo farete, ne sono sicuro. E non potrete che condannare gli imputati. Non ci sono altre possibilità, di fronte alla mole di prove».

I reati contestati dall’accusa sono associazione per delinquere, corruzione aggravata, turbata libertà degli incanti e falso. Le pene più pesanti sono state chieste per gli imputati che sono anche accusati di associazione per delinquere: l’esponente socialista Roberto Riccomi (8 anni e 2mila euro, confisca di 72mila euro); l’ingegnere Marcello Evangelisti (13 anni, 4 mesi e 2.500 euro e confisca di 430mila euro); l’ingegnere Paolo Mazzoni (6 anni, 6 mesi e 2mila euro; 22mila euro); l’imprenditore Giordano Rosi (9 anni, 2.500 euro; 365mila euro); l’imprenditore Roberto Vescovi (9 anni, 2.500 euro, 294mila euro); l’imprenditore Paolo Conti (7 anni, 6 mesi e 2.500 euro, confisca di 359mila euro); Franco Fambrini, ex direttore generale del ConsorZio del Padule (5 anni e 1000 euro e confisca di 31mila); il geometra di Piteglio Mauro Filoni (5 anni, 1000 euro e confisca di 8mila); l’imprenditore Angiolo Orsi Spadoni (5 anni, 1000 euro e 96mila). Esclusi dal reato associativo: Michele Vescovi (5 anni, mille euro 294mila); Riccardo Vespignani 4 anni, 6 mesi, 1500 euro e 143miila); Riccardo Ponticelli (3 anni, 6 mesi, 1.500 euro e 21mila euro 143mila); il geometra Stefano Meoni (3 anni e 1.500 euro). Carlo Alberto Diddi e il figlio Christian (accusato soltanto di falso) sono gli unici per il quale il pm ha chiesto le attenuanti generiche per il comportamento collaborativo di entrambi. Due anni e 1000 euro la richiesta per l’allora comandante della municipale Giuseppe Napolitano, accusato di alterazione del procedimento amministrativo.