LUCIA AGATI
Cronaca

Condannati per assenteismo. "Erano obbligati alla lealtà"

Processo agli impiegati della Prefettura. Le motivazioni della sentenza

Furbetti del cartellino (foto di repertorio)

Pistoia, 17 giugno 2017 - Quando seppero, dagli atti ufficiali, che c’era un’indagine, cominciarono a timbrare il cartellino anche per la pausa sigaretta. E’ un passaggio chiave nelle motivazioni della sentenza, oltre 50 pagine scritte dal giudice Roberto Tredici e già rese pubbliche dopo la sentenza di venerdì scorso. Uscivano anche in gruppo per recarsi nei pubblici esercizi di piazza del Duomo. C’era chi mancava dall’ufficio anche per ore e rientrava con la borsa della spesa. A volte erano così numerosi i dipendenti che uscivano senza smarcare che i carabinieri non riuscivano a seguire i singoli spostamenti. E nonostante che il dirigente del personale avesse spiegato che alcuni erano autorizzati a uscire sia per incarichi di rappresentanza che per altre mansioni, i carabinieri non avevano trovato traccia documentale di questo. Questi alcuni stralci delle indagini che il giudice ha riportato nelle motivazioni.

Tredici analizza, a una a una, tutte le posizioni degli imputati allegando prospetti degli orari e fotogrammi delle intercettazioni, le assenze dal lavoro da un massimo di 94 a un minimo di 12 ore per un danno allo Stato che va dalle 822 euro alle 105 e che tutti gli imputati, lo ricordiamo, avevano già risarcito. Affronta uno dei principali argomenti difensivi: il tacito consenso dei dirigenti sulle brevi pause. «La presenza o meno – scrive Tredici – di un accordo con i dirigenti che avrebbero permesso ai dipendenti di usufruire di pause caffè o sigaretta senza annotare l’uscita con la macchina marca tempo, non potrebbe privare i reati contestati nemmeno del dolo, atteso che il rapporto di servizio è tra dipendente e la pubblica amministrazione ed è questi che è obbligato in prima persona alla lealtà e all’osservanza delle norme, e non potrebbe in nessun caso andare esente da responsabilità amministrativa, contabile o penale, a fronte di indicazioni contra legem provenienti dai dirigenti.

«Risulta chiaro e provato – scrive ancora il giudice – che tutti gli imputati si siano allontanati numerosissime volte dal loro luogo di lavoro senza attestare la loro assenza mediante l’orologio marca-tempo». Le assenze – rileva – avvenivano con cadenze quasi quotidiane: «Devono essere considerate arbitrari allontanamenti dal luogo di servizio del pubblico dipendente che ha percepito ugualmente per tali periodi la retribuzione traendo in inganno la pubblica amministrazione. Stesse argomentazioni valgono per le pause di sigaretta: assenze ingiustificate che avrebbero dovuto essere annotate alla macchina marca-tempo anche se la sigaretta veniva consumata sul portone d’ingresso della prefettura e quindi fuori dai locali di servizio. Chiude il cerchio – si legge infine – la circostanza che dopo la notizia dell’avvio delle indagini (il decreto di esibizione delle presenze dei dipendenti e delle autorizzazioni per le loro assenze), tali pause erano sempre state accompagnate dalle doverose annotazioni sulla macchina marcatempo, senso della consapevolezza della illegittimità dei precedenti comportamenti».