GIACOMO BINI
Cronaca

Esposto in Procura. “Dopo nove mesi ancora nel fango”. Rabbia dei residenti

In quattordici hanno firmato la denuncia presentata ai carabinieri. “La zona industriale è ancora piena dei materiali portati dalla piena. Mancati interventi dopo la rottura dell’argine del torrente Agna”

Un residente mostra l'erba alta sopra fango e rifiuti

Sopra, residui di plastica nel terreno. In alto, Gheri e l’erba ormai alta sopra fango e rifiuti. In basso, una strada ancora chiusa

Montale (Pistoia), 23 agosto 2024 – Quattordici residenti di una zona alluvionata di Stazione hanno presentato un esposto alla magistratura per la gestione della situazione dopo l’alluvione dello scorso novembre. L’esposto, presentato al Comando della stazione dei Carabinieri di Montale il 29 luglio scorso, è rivolto contro quattro enti: Alia, Consorzio di Bonifica Medio Valdarno, Comune di Montale e Regione Toscana ritenuti responsabili di immobilismo nel risolvere i problemi derivati dall’alluvione del 2 e del 4 novembre malgrado “i continui solleciti” avanzati dai residenti e dai proprietari delle aree. “Dopo nove mesi – affermano i 14 firmatari – sia il fango sia gli ingombranti sono ancora in gran parte presenti nell’area e nulla è stato fatto o si sta facendo per toglierli. Intorno alle nostre proprietà è come se il tempo si fosse fermato e rimasto al 2 novembre 2023. E’ inaccettabile in un paese civile”.

Quello che è cambiato in nove mesi è solo la crescita di una fittissima e alta vegetazione che copre con una coltre di erbacce tutti i materiali che sono stati portati dalla vicina zona industriale dopo la rottura dell’argine del torrente Agna. Sono i campi tra via Guido Rossa, dove è avvenuta la rottura, via Tobagi, via Enrico Mattei e la linea ferroviaria, che erano coltivati in parte a grano e granturco e in parte a vivaio. L’esposto descrive, in sintesi, gli effetti della rottura dell’argine: “C’è stato un considerevole sversamento di materiale melmoso, fangoso e sassoso – si legge – che a tutt’oggi è presente in tutta l’area. Questi materiali hanno rialzato tutta l’area a sud della rottura del fiume per un’altezza tra i 20 e i 70 centimetri”.

I materiali provenienti dalle fabbriche della zona industriale sono così descritti: “Solventi chimici, oli sintetici, plastiche di vario tipo, materiale tessile, manufatti plastici, bancali di legno e altri materiali che in questo momento sono sconosciuti, ma che potrebbero rivelarsi tossici sia per i terreni sia per la falda acquifera fino a esserlo anche direttamente per le persone adulte ed i bambini che abitano in questa zona”. Oltre al problema del fango e degli ingombranti l’esposto segnala il mancato ripristino dei due fossi principali che attraversano la zona, il Borraccio e l’Agnaccino, entrambi demaniali, che costituiscono lo scarico naturale di tutto il reticolo dei fossi minori e che “sono ancora intasati dal fango e dai detriti”. La conseguenza è che le case della zona “non hanno più uno scarico per le acque chiare e grige delle utenze domestiche” e sono soggette a nuovi allagamenti fino a 40 centimetri di acqua a ogni pioggia abbondante, come a maggio.

“Questo provoca uno stato di precarietà – scrivono i firmatari – di insicurezza e di pericolo costanti per le civili abitazioni, per gli autoveicoli e in ultimo per le persone”. L’intasamento dei fossi comporta che i tratti scoperti si trasformano in “fogne a cielo aperto con una situazione da un punto di vista batteriologico non più sostenibile e questo provoca invasioni periodiche di insetti di vario genere ed esalazioni malsane”. L’esposto segnala inoltre “il fatto unico in tutta la regione Toscana di due tratti di strada ancora interrotti dal 2 novembre 2023, un tratto di strada privata nella parte ovest di via Mattei e un tratto di strada pubblica in via Croce Rossa”. Tra i 14 firmatari ci sono, oltre ai residenti, anche i proprietari dei terreni.