Segregata dopo le nozze: "Mi chiese aiuto in chat"

A processo il marito e la sua famiglia. In aula le foto delle violenze subite

Segregata dopo le nozze: "Mi chiese aiuto in chat"

L’avvocato Pamela Bonaiuti

Per giorni gli avrebbe inviato richieste di aiuto via chat. Raccontandogli le vessazioni alle quali era sottoposta, nella casa dove era finita a vivere, nella piana pistoiese, dopo le nozze combinate in Pakistan. Violenze subite dallo stesso giovane marito e dalla famiglia di lui, padre e madre, che in sostanza la tenevano segregata.

In quelle chat erano contenute anche alcune foto delle lesioni che il suo sposo le aveva inferto: graffi e contusioni. È stata una testimonianza importante quella resa giovedì pomeriggio, davanti al collegio presieduto dal giudice Stefano Billet, da un giovane di origine pakistana, confidente della donna che sarebbe stata vittima di maltrattamenti in famiglia e violenza sessuale. La vicenda è quella per la quale è finita a processo un’intera famiglia, di origine pakistana, il marito 23enne della giovane donna e i suoi genitori, padre e madre (48 e 49 anni), accusati in concorso con lui di maltrattamenti in famiglia (l’uomo deve rispondere anche di violenza sessuale). I fatti risalgono al 2021: la giovane sposa era poi riuscita a chiedere aiuto, un giorno aveva potuto riappropriarsi del suo cellulare e chiamare i carabinieri. La liberazione era seguita poco dopo: era il gennaio del 2022. Secondo la ricostruzione svolta dai carabinieri, l’incubo per la donna sarebbe iniziato con il suo arrivo in Italia, dopo le nozze combinate nel suo paese, il Pakistan. Gli imputati sono difesi dall’avvocato Pamela Bonaiuti del foro di Prato, mentre la donna, che ora si trova in una residenza protetta, si è costituita parte civile nel processo ed è rappresentata dall’avvocato Teresa Dei di Firenze.

Nel ricostruire davanti ai giudici del collegio il contenuto delle chat nelle quali la donna avrebbe chiesto più volte aiuto, è emerso un quadro di violenza quotidiana a cui la neo sposa sarebbe stata sottoposta. In sostanza segregata nella sua stessa casa, minacciata e offesa, picchiata ripetutamente dal marito. Isolata, senza conoscere bene la lingua, non avrebbe trovato altro modo di liberarsi se non confidandosi con un connazionale. Oggi la donna sta imparando l’italiano, ed ha ottenuto un regalare permesso do soggiorno, dal momento che non aveva nemmeno quello.

Il processo è stato aggiornato a gennaio.

Martina Vacca