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Tempi stretti per visitare i ricoverati I parenti chiedono orari più ampi

Il racconto di una famiglia: "Al ’Ceppo’ solo un’ora al giorno. Ma non basta, specie per chi lavora". La risposta della presidente Sds, Celesti: "Il Covid non è passato: i soggetti fragili vanno tutelati".

Tempi stretti per visitare i ricoverati I parenti chiedono orari più ampi

Troppo stretti i tempi concessi per le visite dei parenti ai ricoverati nei locali adibiti alle cure intermedie nell’ospedale vecchio del Ceppo. "Un’ora sola dalle 12,30 alle 13,30 dal lunedì al sabato – lamenta Ilaria, una donna di Montale che ha avuto suo padre ricoverato alle cure intermedie – è davvero troppo poco soprattutto considerando che non è prevista nessuna apertura ai parenti la domenica". Il disagio colpisce soprattutto quei familiari che per il loro orario di lavoro non hanno la possibilità, salvo la richiesta di permessi o ferie, di utilizzare l’unica ora disponibile proprio nel mezzo della giornata lavorativa.

"Mia madre non poteva andare a trovare il babbo – spiega Ilaria – perché ha bisogno anche lei di essere accompagnata, io ho potuto usufruire solo delle occasioni che mi offrivano i turni di lavoro, altrimenti un ricoverato in quel reparto rischia di restare senza ricevere mai i familiari proprio in un periodo in cui, provenendo da un periodo di degenza in ospedale e in attesa di una dimissione, ci sarebbe bisogno di una maggiore presenza di un familiare. In questo momento non esiste più nemmeno una necessità di precauzioni come quelle richieste nel periodo del Covid. C’è una motivazione seria perché le visite siano gestite così? – si domanda Ilaria – E’ giusto nei confronti dei pazienti e dei parenti?".

Ilaria mette in evidenza come gli orari di visita siano più ampi all’ospedale San Jacopo, dove in genere è previsto anche un passo per i familiari in orario serale. Se le cure intermedie sono un momento di transizione dal ricovero in ospedale al ritorno a casa sembrerebbe logico che l’apertura ai familiari si dovesse ampliare, rispetto all’ospedale, e non ridursi. Il presidio di "cure intermedie" è definito dal Consiglio Sanitario Regionale come "una struttura extraospedaliera residenziale temporanea destinata al paziente che è in situazione di malattia, ma non tanto grave da avere necessità di risiedere in un ospedale e ancora non sufficientemente stabilizzato per vivere al proprio domicilio". Ilaria rileva come, per quanto ha constatato nella esperienza fatta col ricovero di suo padre, nelle cure intermedie "il personale sia poco e anche se lavora con la massima buona volontà". "Una volta, durante una visita – racconta Ilaria – ho trovato mio padre in seria difficoltà e allora ho chiesto se potevo andare solo nel momento dei pasti, ma mi è stato detto che non si poteva. Mi chiedo perché".

Sul caso, la presidente della Società della Salute, Annamaria Celesti spiega che: "Nonostante la situazione epidemiologica del Covid sia incoraggiante, e i contagi siano in rapida diminuzione, tuttavia occorre mantenere ancora un atteggiamento che salvaguardi il più possibile i ricoverati delle cure intermedie, in quanto portatori di patologie importanti. Mi rendo conto dell’importanza della relazione affettiva e in questo senso mi impegnerò a promuovere un’organizzazione che faciliti di più i contatti tra i ricoverati e i loro familiari".

Giacomo Bini