
La sua fu una visione totale, di quelle che parlano sì di architettura ma vogliono abbracciare le cose, la loro anima ed essenza, che niente possono da sole, ma che vivono e si alimentano dello scambio e della relazione. Nei suoi anni parlò di ‘città variabile’, volendo così intendere l’agglomerato urbano come un insieme di elementi tutt’altro che statici, ma che anzi partecipano alla trasformazione e la accolgono. Rileggere oggi le parole dell’architetto Giovanni Michelucci fa correre quasi un brivido lungo la schiena per il loro essere già così ricche di futuro.
Molte saranno le iniziative che fino a giugno accompagneranno il pubblico nelle celebrazioni dei trent’anni dalla morte dell’architetto poeta nato a Pistoia nel 1891 – il cui anniversario è caduto il 31 dicembre scorso – in un calendario messo a punto da Regione Toscana, Comune di Fiesole, Comune di Firenze e Comune di Pistoia e parzialmente rallentato causa emergenza sanitaria in corso. In attesa che si possano conoscere nel dettaglio, il pensiero va a quella straordinaria lezione consegnata alle generazioni dopo di lui, di cui Alessandro Suppressa, architetto pistoiese, è certamente profondo conoscitore: per molti anni nel cda della Fondazione Michelucci, Suppressa è stato testimone in prima persona del contributo tecnico-umano del maestro. "Una personalità a tutto tondo – dice Suppressa –: in lui la forma dell’architettura era la sintesi di un processo che teneva insieme tutte le sfaccettature dell’uomo. Arrivato in età matura alla progettazione architettonica, Michelucci ebbe una vita intensa e fu grazie a quel suo bagaglio personale che riuscì ad avere una visione altra dell’architettura".
"Ancora oggi – continua – quel grande patrimonio che ci ha lasciato è tutto da esplorare, le sue opere ci parlano, altrove ma anche e soprattutto a Pistoia dove il suo contributo – basti pensare alla chiesa di Belvedere o all’ampliamento della sede della Cassa di Risparmio – è testimoniato in tutti i maggiori libri. Tra i tanti temi importanti da lui toccati c’è quello dell’architettura a servizio delle mutazioni delle esigenze della società, nell’idea di città variabile, ma anche il concetto di ‘abitare la natura’, temi che oggi, in un momento in cui paghiamo il conto del rapporto sballato uomo-natura, risultano quanto mai attuali. Ma nel pensiero di Michelucci ci sono anche i temi per ripartire ridisegnando una visione di città".
In un’epoca in cui siamo prigionieri del presente, incapaci di una visione, ecco che il contributo di Michelucci, sostiene Suppressa, potrebbe risultare utile a superare l’ostacolo aiutandoci a trasformare la paura in opportunità.
"Credo che Pistoia in questo trentesimo anniversario abbia il dovere di valorizzare le opere di Michelucci – conclude l’architetto –. Il Centro di documentazione della nostra città che si compone di un patrimonio immenso di oltre duemila disegni di Michelucci non può restare così chiuso, abbiamo il dovere di aprirlo alla città. Penso poi ad altri grandi maestri, Natalini o Bassi: insieme a Michelucci sono tutti grandi figli pistoiesi che meritano un luogo che li ‘accompagni’, li ospiti. Occorre capire se le classi dirigenti locali possano essere in grado di cogliere la sfida e avviare un percorso".
linda meoni