
Profughi ucraini
Montale (Pistoia), 22 marzo - Una storia al contrario. La mamma, Svetlana, in Ucraina e papà Vitaliy e le figlie Olga e Daria in Italia. La donna è una poliziotta di 45 anni rimasta in patria a svolgere il suo lavoro. I tre componenti del nucleo familiare fanno parte delle 83 persone fragili, bambini, anziani e diversamente abili che la Croce Rossa nella prima missione italiana di evacuazione da Leopoli ha portato stamani in Italia con un convoglio di 36 mezzi. Delle 83 persone, 60 state accolte nei centri dell'Arci sparsi per l'Italia.
L'uomo di 49 anni e le sue figlie di 19 e 9 anni sono stati accompagnati stamattina dalla Croce Rossa in un centro Arci nel comune di Montale, in provincia di Pistoia: a loro disposizione un intero appartamento di 70 metri quadrati con una stanza ciascuno. Sono in Italia perché la ragazza più grande ha problemi di salute: in Ucraina frequentava il liceo artistico, mentre la sorellina andava alle elementari. Anche il loro papà è un poliziotto, ma è in pensione dal 2016. "Il nostro obiettivo finale - spiega l'uomo - è quello di tornare nel nostro Paese, ma chissà quando. Mi fa piacere che nel frattempo la mia figlia minore vada a scuola e frequenti altri bambini".
L'uomo racconta le settimane infernali che la sua famiglia ha dovuto vivere e trattiene a stento la commozione. "Nella nostra città, Sumy - ricorda - siamo rimasti bloccati sotto le bombe dal 24 febbraio al 15 marzo. È stata durissima. Poi tramite un corridoio umanitario il 15 siamo riusciti a scappare e siamo arrivati a Lepoli. Poiché la mia figlia più grande ha una invalidità, la Croce Rossa Italiana mi ha offerto protezione e di uscire dal Paese". È meno loquace quando gli si chiede di parlare di sua moglie, soprattutto dei compiti che in questo momento sta svolgendo in Ucraina.
"Quando sono arrivati - spiega la responsabile dell'Arci di Pistoia Sivia Bini - erano stremati. Avevano bisogno di mangiare e lavarsi. Abbiamo procurato dei vestiti e fatto un pò di spesa. Nell'appartamento adesso avranno modo di cucinare in autonomia. Ma nonostante la stanchezza, la prima cosa che hanno chiesto è stata di poter utilizzare il wi-fi. Durante il viaggio non hanno potuto sentire per tre giorni la mamma - racconta la volontaria Arci -.e così le hanno fatto una videochiamata. È stata davvero una grande gioia per loro. E anche la madre è stata visibilmente sollevata di saperli in salvo".
Il papà ha poi voluto capire "in che parte del mondo fosse arrivato - sottolinea la volontaria Arci - e mostrando la cartina gli ho fatto vedere dove era Pistoia e lui mi ha indicato la città di Sumy dove viveva con la moglie". La bambina di 9 anni è apparsa la più triste e spaventata di tutti, "ma si è un pochino sciolta - conclude Bini - dopo aver giocato con i nostri gatti: Mao, Tse e Tung".