
Umberto Orsini
Pistoia, 7 febbraio 2020 - Umberto Orsini, l’attore che, a 85 anni compiuti, continua a fare grande teatro, con sempre grande ispirazione e una vitalità e una determinazione impressionanti, sarà a Pistoia al teatro Manzoni (in esclusiva per l’area metropolitana, da venerdì a domenica; biglietti ancora disponibili 0573-991609/27112) con «Il costruttore Solness» di Ibsen, di cui è interprete e produttore. Lo abbiamo intervistato.
Chi è Solness e cosa ha trovato in lui? Al centro del bellissimo testo di Ibsen, di cui sono produttore, c’è un uomo maturo che si trova di fronte ai fantasmi della propria vita, alle colpe che ha commesso e sulle quali poi ha basato il suo successo. Quest’uomo si trova a fare i conti col passato e col presente; ha un futuro incerto davanti, in quanto è ossessionato dall’idea che la vecchiaia, che è il contrario della giovinezza, possa incombere, pertanto vede i giovani come un pericolo, come se la giovinezza lo spingesse verso l’orlo di un burrone; la qual cosa in realtà avviene alla fine dello spettacolo quando Solness, nel tentativo di superare i limiti della propria età, e del proprio vigore, tenta un’impresa impossibile: scalare una torre, che è metaforica, è lo scalare la vetta della vita per cercare di prolungarla, e vi soccombe.
Un testo poco rappresentato di Ibsen, che tipo di messinscena ne avete tratto con Serra? Ho lavorato con registi di grandi capacità e fantasia, citando solo gli ultimi, Ronconi, Castri e Popolizio, e ho sempre cercato nella scelta del regista, un’interlocuzione importante, e di non portare il regista alle mie idee, ma di adattarmi io al suo mondo. Alessandro Serra è uno degli artisti più interessanti che abbiamo nel panorama italiano, non ne vedo molti altri che possano competere. È un Solness molto asciugato, in cui parlano più i silenzi delle parole. E la scenografia è spettacolare, necessaria a questo tipo di spettacolo, non decorativa. La scena è chiarificatrice dei nostri intenti: una specie di luogo mentale di Solness dove tutto si allarga, si stringe e si modifica come una pulsione della sua testa. Anche i suoni sono molto impressionanti: la colonna sonora è fatta di dilatazioni di piccoli suoni che in realtà sono quasi impercettibili e che nella messa in scena diventano esplosivi. Dunque abbiamo creato un’atmosfera sonora, recitativa e visiva, i tre elementi uniti, per uno spettacolo importante.
Lei che si è definito rispetto al teatro un 'texano che non ha ancora visto Venezia', che progetti ha per il futuro? Il prossimo anno avrò nuovamente Massimo Popolizio accanto a me, come regista. Con Popolizio mi sento molto sintonizzato, avendo avuto una matrice in comune in Ronconi, e perché entrambi abbiamo l’abitudine di affrontare con impegno e determinazione i testi. La mia nuova produzione sarà «Il temporale» di Strindberg. In più, siccome amo radunare intorno al mio nome e alla mia compagnia, delle realtà molto vive, da poco ho preso l’incarico di distribuire «Il giardino dei ciliegi», con la regia di Serra.
Lo spettacolo arriva in esclusiva per l'area metropolitana. Che rapporto ha con Pistoia? Pistoia è una città che amo, in cui mi piace sperimentare ancor prima di andare in altre città: è un test sempre molto importante perché qui trovo un pubblico allenato a vedere lavori di qualità. Avere successo a Pistoia, significa avere successo ovunque!
Gaia Angeli