
A lanciare il grido d’allarme è Roberto Gheri, titolare dell’azienda Gheri a Montale "Siamo stati lasciati soli nella rimozione degli scarti, solo Coldiretti è intervenuta".
La montagna di rifiuti che si erge nel piazzale del vivaio Gheri di Stazione è la più chiara testimonianza della tragedia subita da questa storica azienda montalese dall’alluvione del 2 e 4 novembre 2023. Roberto Gheri ha dovuto rimuoverli dai suoi terreni per conto proprio e ricevendo un aiuto concreto e importantissimo, soltanto da Coldiretti di Pistoia, la sua associazione di categoria. Alia provvederà a prelevare e smaltire il materiale ma l’onere di rimuoverlo dai 4 ettari del vivaio è toccato unicamente al proprietario che ha ricevuto dal Comune di Montale una lettera che lo invitava a compiere l’operazione indicando anche un termine tassativo per eseguirla.
Eppure quei rifiuti che hanno invaso il vivaio sono stati catapultati sul terreno dal torrente Agna dopo la rottura dell’argine e si tratta di materiali provenienti tutti dalla vicina zona industriale di Montale: intere pezze di tessuto, rocche di filato, tanti oggetti di plastica dai tappetini ai fusi dove si avvolge il filato, ma anche grossi contenitori, bidoni e pezzi di macchinari. Tutto quello che il torrente ha portato via dalle fabbriche investite dall’ondata di fango dopo la rottura dell’argine è finito nei terreni agricoli a valle e soprattutto nel vivaio Gheri.
"Il mio vivaio ha fatto da discarica – dice con amarezza Roberto Gheri – è stato devastato e non certo per mia responsabilità ma è toccato a me provvedere a ripulire il terreno e per fortuna mi è venuta in aiuto Coldiretti di Pistoia. Abbiamo lavorato più di dieci giorni e il piazzale è pieno ma siamo ancora a metà dell’opera. Per me la terra è come un capannone per un’azienda industriale, solo che è a cielo aperto e molto più esteso".
Il vivaio è rimasto sepolto dalla melma e dai rifiuti per un anno e quattro mesi e la produzione ovviamente si è del tutto bloccata. Le industrie della zona industriali, almeno una parte, hanno potuto riprendere l’attività ma il vivaio no, è rimasto del tutto bloccato. Ripulire un vivaio è enormemente più difficile che ripulire dei fabbricati industriali. Bisogna risistemare tutti i fossetti della regimazione delle acque che sono ancora ostruiti, ripristinare i passaggi per i mezzi agricoli e tutti gli impianti di irrigazione. I danni alle piante sono ingenti e tuttora poco calcolabili. "Credo che certe piante non riuscirò a rivederle grandi – dice Roberto Gheri – ci sono alcune qualità che sono secolari ed avevano raggiunto dimensioni notevoli".
Gheri ci mostra un paio di grossi tronchi appoggiati sotto una tettoia, appartenevano a piante di grande valore e vengono conservati per farne delle tavole. Non è solo un grande disastro economico è anche un colpo durissimo dal punto di vista esistenziale per chi ha lavorato su queste terre per una vita. E dopo il disastro è stato lasciato solo.
Giacomo Bini