Un nuovo colpo di scena nella vicenda del fallimento dell’azienda "Vivaio Sandro Bruschi", che fu dichiarata tale nell’ottobre 2018 dalla Corte d’Appello di Firenze. A gennaio scorso, la Corte di Cassazione aveva stoppato la sentenza del tribunale fiorentino, affermando che l’imprenditore agricolo non è soggetto a fallimento nel caso in cui svolga una attività commerciale accessoria che non abbia assunto carattere di prevalenza rispetto a quella agricola. Ora, la Corte d’Appello di Firenze si è espressa nuovamente, nel merito, affermando in sostanza che il fallimento è possibile in quanto l’attività prevelante dell’azienda "Vivaio Sandro Bruschi" sarebbe quella commerciale, dunque recependo il principio della suprema corte, ma valutando il caso specifico nel senso contrario. Una novità evidentemente inattesa dai legali di Bruschi, gli avvocati Marco Baldassarri (nella foto) e Pierpaolo Ciccarelli del foro di Pistoia, che così commentano la sentenza.
"La Corte di Appello di Firenze - scrivono i legali - ha confermato il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione e da sempre sostenuto dalla difesa del signor Bruschi e, cioè, che l’imprenditore agricolo non è soggetto a fallimento laddove l’attività commerciale, avente per oggetto prodotti acquistati da terzi e non ulteriormente coltivati, non abbia carattere di prevalenza. Tuttavia, la stessa Corte di Appello con una sbalorditiva e del tutto infondata motivazione, ha stabilito, contro ogni evidenza, che l’azienda Bruschi, pur coltivando terreni per una superficie complessiva di oltre 100 ettari e pur avvalendosi di oltre 60 dipendenti, avrebbe commercializzato, senza effettuare intervento di ’manipolazione’, prodotti di terzi per oltre il 90% e, dunque, ne ha confermato il fallimento. Per giungere a tale surreale ed ingiusta conclusione, la Corte di Appello ha ritenuto inattendibili gli accertamenti effettuati dalla Guardia di Finanza e perfino la perizia redatta dal consulente nominato dal Tribunale di Pistoia, che avevano quantificato tale attività di commercio (peraltro contestata dalla difesa del signor Bruschi) in una misura massima del 20%. La sentenza della Corte di Appello si fonda esclusivamente e sorprendentemente sulle risultanze di una perizia di parte redatta dal dottor Pagnini, il quale, con argomentazioni strumentali e destituite di qualsiasi fondamento, ha fornito alla Corte di Appello l’appiglio per affermare che l’azienda Bruschi si sarebbe limitata a commercializzare prodotti di terzi per oltre il 90% delle sue vendite complessive. Gli scriventi non esitano a dire che raramente si è vista una motivazione così palesemente errata, basata su un totale travisamento dei fatti di causa. Per le ragioni di che sopra il signor Sandro Bruschi procederà alla immediata ed ulteriore impugnazione della sentenza pronunciata dalla Corte di Appello per ottenerne l’annullamento da parte della Suprema Corte".
Un quadro questo che non inficia il procedimento penale che vede lo stesso Bruschi, assieme al legale rappresnetante della Giorgio Tesi Group, Fabrizio Tesi, e i professionisti Marco Cappellini e Lorenzo Marchionni, imputati per bancarotta fraudolenta per l’affitto del ramo d’azienda che avvenne nel novembre del 2016. La prossima udienza è fissata per il 14 settembre.