Pistoia, 2 settembre 2022 - Esistere e resistere, pure quanto la musica nella sua accezione più socialmente alta è morta, divenuta nient’altro che fastidioso sottofondo a riempire quei vuoti che si spalancano nelle situazioni più impersonali: un supermercato gigante, una pompa di benzina, un autogrill affollato, lì dove ognuno è nessuno e anche la musica finisce per diventar niente. Tutto così diverso rispetto a quando – anni Ottanta-Novanta – tra Berlino e l’Emilia si scriveva una stagione irripetibile della musica italiana, con i Cccp prima e il Csi poi e dentro lui, Massimo Zamboni, anima di quei progetti e oggi come allora alfiere della cultura indipendente, sulla sua strada, quella che di lui fa sì un musicista, ma anche uno scrittore, uno specialista del suono, un compositore, un «affamato di cultura».
«Perché non è la modalità in cui ti esprimi a contare, è la cifra stilistica». E stasera (ore 21.15) al Funaro se ne avrà un prezioso assaggio, con la sonorizzazione dal vivo del «Dracula» di Tod Browning, pietra miliare dell’horror degli anni Trenta (per la rassegna Atp ‘Teatri di confine’, con i musicisti Cristiano Roversi e Simone Beneventi; biglietti a 12 e 15 euro). Qui Zamboni ha compiuto quel che lui chiama «abuso», una sorta di chirurgico e finissimo taglia e cuci tra suoni, musiche, voci ad acuire intensità e drammaticità della pellicola. «Il progetto – spiega Zamboni - è nato da un invito del Soundscreen Festival di Ravenna che ci ha proposto di musicare un film scegliendo tra grandi classici. Dracula è stata la mia fulminazione: un film non esattamente muto, poca musica originale, grandissimi spazi larghi».
Fastidiose le etichette, eppure sforzandosi Zamboni lo si potrebbe definire artista totale - «questa totalità credo mi si addica. Questi tempi ti costringono a uscire dal guscio. Un musicista puro o è un grandissimo altrimenti non ce la può fare» -, certamente un uomo dai mille mondi e anche se nel tempo di un’intervista se ne svela uno solo, anche quello è un privilegio conoscerlo. «Sono trent’anni che abito in mezzo ai boschi. Questo mi aiuta a non perder tempo con tutta una serie di miti, tentazioni, paccottiglie che la pianura ti riversa addosso. Qua è tutto molto chiaro: se bisogna far qualcosa, va fatta. È un ottimo esercizio di disciplina».
E se da un lato c’è la montagna (e quindi la famiglia), a raccontar Zamboni c’è poi inevitabilmente il passato, i Cccp con Giovanni Lindo Ferretti e poi il Csi, «la mia base di partenza ma anche la spinta per il punto d’arrivo. Mi sento perennemente sorvegliato da queste due entità. Questo mi piace molto. È una specie di autorità morale che ho qui, sulla testa». Un bagaglio che proprio di recente Zamboni ha ripreso alla mano, con la riedizione del «Libretto rozzo dei Cccp e Csi» (Gog edizioni) occasione per soffiar via la polvere da dei testi su cui in realtà la polvere non ha mai fatto in tempo a depositarsi: «Quelle canzoni sono sempre più apprezzate, con la loro capacità di affacciarsi ai giorni nostri. È stato un piacere poterci lavorare, un po’ perché l’edizione originale era esaurita, un po’ perché è stato piacevole ricercarci una mia e una nostra attualità. La distanza rende tutto più vicino, chiarisce il significato di quella fiammata che fu così forte».
linda meoni