Pistoia, 29 marzo 2016 - Nei folti boschi dell’Appennino Pistoiese, sorge una comunità dalla storia trentennale, che dal 1980 abita le zone boschive nei pressi della frazione di Sambuca Pistoiese. Un microcosmo composto da 8 villaggi, dove si vive a stretto contatto con la natura, plasmando un'utopia basata sull'arte dell'intaglio, l'agricoltura diretta e la piena condivisione.
La stessa utopia che, proprio in questi giorni, arriverà nelle sale italiane con il film “La comune”, diretto dal regista danese Thomas Vinterberg. Il cineasta porta sul grande schermo la sua esperienza personale quando, dall'età di 7 fino ai 19 anni, abitò in una comune in Danimarca. Un periodo “folle e fantastico, pieno di calore, corpi nudi, birra, discussioni di alto livello intellettuale, amore e tragedie personali”, ha dichiarato Vinterberg, tratteggiando un'esperienza non molto diversa da quella che, ancora oggi, si respira nella celebre comunità toscana. A confermalo è Giulietta, che per più di quattro anni ha vissuto nella realtà del popolo degli Elfi: una comunità che oggi conta un totale di circa 300 abitanti, che vivono di agricoltura, piccolo allevamento e, naturalmente, a stretto contatto gli uni con gli altri. Milanese di nascita, Giulietta arrivò nella valle degli Elfi la sera di capodanno del 2000, quando aveva appena 18 anni: “fin da piccola mi sentivo diversa, avrei voluto vivere da sempre nella realtà degli anni '60 e '70”- racconta - “Arrivai nella valle insieme a un paio di amiche. Non sapevamo nemmeno come raggiungerla: sull'autobus ci aggregammo a delle persone che erano dirette alla località di Piccolo Burrone per la festa di fine anno. Dopo una lunga camminata nel bosco fitto, mi ritrovai davanti un ragazzo con i dread biondi che stava portando il pane a cuocere nel forno. Complice la natura rigogliosa da cui ero circondata, mi sembrava davvero un folletto dei boschi. E da quel momento, ho deciso di restare”.
Come si svolgeva la vita nella comunità?
Le case sono molto grandi e antiche, alcune addirittura del 1600, a usocapione della comunità che le abita da oltre 30 anni, tutelando il bosco stesso, ripristinandone fonti e sentieri. La vita è a stretto contatto con la natura, dove si utilizza l'acqua della fonte: e proprio nella valle, ho imparato a costruire una casa, a coltivare la terra e ho appreso i segreti delle piante medicinali, e tutt'ora non uso medicine. Ero una figlia unica abbastanza viziata a Milano: la vita tra gli Elfi mi ha profondamente cambiata.
Di cosa vi occupavate?
Avevamo l'orto, dove si coltivava tutta la parte verde. Poi andavamo ai Festival, come ad esempio il Pistoia Blues, a fare le pizze biologiche con i nostri forni autoprodotti. Ma non guadagnavamo soldi per noi stessi: il ricavato veniva sempre messo a disposizione di tutta la comune, magari per comprare riso, farina e legumi. Poi avevamo le capre da portare al pascolo, la legna da tagliare...
C'erano famiglie con bambini?
Sì, i ragazzi avevano la mia età. Anche il primo figlio della valle, nato e cresciuto lì, aveva i miei stessi anni. Nella comunità c'è una scuola interna per tutte le elementari, con insegnanti certificati che si rifanno alla pedagogia steineriana, basata sulla completa libertà di insegnamento. Poi c'è un accordo, tutt'ora in vigore, con la scuola del paese vicino, dove i ragazzi vanno a sostenere l'esame
Cosa vuol dire vivere in una comune?
È magia pura. Lì ho vissuto le emozioni più grandi della mia vita. È come una famiglia, dove ci si sostiene l'un l'altro, ti autoproduci il fabbisogno, sei in un profondo equilibrio con la natura. Ho visto i “cittadini” più convinti che, una volta arrivati nella valle, si trasformavano in “animali selvaggi”, in profonda sintonia con tutto.
Nel film “La comune” il regista sembra chiedersi fino a che punto si può essere disposti a condividere, soprattutto nell'ambito delle relazioni. Qual è il tuo pensiero in merito?
Ispirandosi all'amore libero degli anni '60, anche alla valle degli Elfi c'era molta libertà tra le coppie. Anche io l'ho sperimentato, ma ho capito che non funziona e anche molte persone della comunità sono giunte alla stessa conclusione. Ci sono molte coppie storiche nella valle che, nonostante la libertà sessuale, hanno sempre finito per tornare nella realtà di coppia. La condivisione deve riguardare la gioia, le emozioni: ma il cammino deve essere percorso all'interno della coppia; se si cerca qualcosa al di fuori di essa, probabilmente è perché nella relazione si è insoddisfatti.
Se un giorno avrai figlio, continuerai a vivere in una comune?
Adesso sono in Puglia con il mio compagno e il nostro gruppo di artigiani in cerca di un terreno dove creare una comunità tutta nostra. Il mio sogno è avere un figlio all'interno di una comune e farlo vivere lì. Ho visto come sono cresciuti i figli degli Elfi: sono una vera tribù, molto uniti tra loro. Soprattutto, vorrei che vivesse a immerso nella natura, come era una volta.
Com'è cambiata la comunità degli Elfi nel corso degli anni?
È cambiata molto. Al di là dei pannelli solari, che c'erano già quando io vivevo lì, inizialmente cercavano di essere “duri e puri”, completamente staccati dalla società per non farsi coinvolgere da essa e dai suoi rischi. Prima era proibito l'uso di cellulari, oggi invece ne trovi molti in carica. L'aspetto positivo, però, è un profondo lavoro sulla comunicazione che prima non c'era, per riuscire a stare bene insieme: al posto del “bastone della parola”, che si utilizzava per parlare in cerchio, oggi si pratica il co-ascolto, tirando fuori sentimenti ed emozioni, o ancora il “cerchio degli apprezzamenti”, dove si cerca di riconoscere la bellezza di ciascun componente della comunità.