Firenze, 25 giugno 2023 - Meno di un anno alle prossime elezioni amministrative, a Firenze, Prato, Empoli, Livorno e da altre parti. È in queste città – e, soprattutto, per distribuzione geografica degli elettori, nell’area fiorentina – che si decideranno le elezioni regionali del 2025.
Emiliano Fossi, segretario del Pd toscano, spiega consapevolmente il valore delle prossime sfide per il centrosinistra: "Sappiamo bene che se perdiamo la Toscana il Pd è finito. Non solo il Pd toscano, ma il Pd nazionale". La discussione nel Pd adesso è sulle primarie. Farle, quanto farle larghe – uno o più candidati del Pd? - o non farle. A Firenze c’è un ricco dibattito in corso. La naturale conclusione del percorso politico fiorentino di Dario Nardella, giunto al secondo mandato, potrebbe prevedere l’investimento del Pd sulla ricerca di un successore che sia la più ampia e competitiva possibile.
D’altronde è così che nacque la leadership di Matteo Renzi nel 2009, quando vinse le primarie fiorentine (certo, per qualcuno, nel Pd, potrebbe essere questo un argomento per NON fare le primarie; ma è anche vero che, seppur in una competizione diversa, è anche così che è nata la leadership di Elly Schlein). Come in altre circostanze, la domanda per la coalizione che è al governo del Paese è, a Firenze e altrove: civico o politico? Da qualche tempo, il centrodestra (oggi destra centro) ha una classe dirigente amministrativa, che prima non aveva. Ha sindaci che vincono o rivincono.
I recenti casi di Pisa, Massa, Siena, dove Meloni & soci hanno vinto di nuovo a distanza di cinque anni non sono un caso. A Pistoia, c’è un sindaco, Alessandro Tomasi, di Fratelli d’Italia, che potrebbe essere competitivo alle elezioni regionali del 2025; potrebbe essere in grado, infatti, di convincere un elettorato indeciso, più moderato, che solitamente è spaventato dalla destra.
La destra in Toscana da alcuni anni sta svolgendo il lavoro che la sinistra ha smesso di fare: è in ascolto della popolazione. È successo a Pisa nei quartieri di edilizia popolare, è successo a Siena (città che vanta una sua peculiarità socio-economica), è successo nelle altre città saldamente in mano del destra-centro. I problemi in Toscana non mancano. Dai trasporti alle liste d’attesa della sanità. Dall’economia alla mancanza di protezione (che non si definisce solo in termini di sicurezza materiale).
La sfida toscana è bipolare; a Firenze casomai potrebbe esserci l’eccezione dell’(ex) Terzo Polo. Nel Pd c’è attenzione e preoccupazione per quel che deciderà di fare Matteo Renzi, che con una certa accuratezza quotidiana sembra voler cercare la sconfitta dei Democratici. Tra i quali c’è un certo nervosismo, come testimonia anche l’attacco di Elly Schlein alla direzione nazionale di lunedì scorso a proposito della subalternità culturale del Pd. Il che lascia un po’ perplessi: Renzi non è più segretario del Pd dal 2019, ha fondato un altro partito, ma il Pd continua a occuparsi di lui quasi che volesse ridefinire la propria identità a partire da ciò che non vuole più essere. Forse però il Pd dovrebbe iniziare a dirci, e anche a dirsi, ciò che vorrebbe essere.