FRANCESCO PERFETTI
Politica

Il concetto di Nazione

Il commento

25 aprile 2016 - Le festività nazionali dovrebbero sottolineare, attraverso la solennità dei rituali celebrativi, i momenti fondanti e unificanti della storia di un paese. Sono occasioni per ribadire il senso della appartenenza dei cittadini a una stessa comunità nazionale. Sono, o dovrebbero essere, il punto di arrivo di quel "plebiscito di ogni giorno" nel quale il grande storico francese Ernst Renan individuava l’essenza del concetto di nazione.

Per molti anni, forse per troppi decenni, la ricorrenza del 25 aprile ha portato sulle sue spalle il peso di una connotazione ideologica che, soltanto da poco tempo, ha cominciato a diluirsi. Fu introdotta per legge nel 1949, ma era stata proposta già qualche anno prima, nel 1946, a De Gasperi da Giorgio Amendola allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio.

L’esponente comunista voleva, attraverso l’ufficializzazione della festività del 25 aprile, esaltare il ruolo del Cln Alta Italia nella liberazione del Paese e accreditarne i componenti, primi fra tutti i comunisti, come costruttori della nuova Italia e come depositari dei valori di libertà e democrazia. Dietro la proposta di Amendola c’era il tentativo di consacrare il mito dell’«unità della Resistenza» a guida comunista e di relegare in secondo piano il contributo alla Liberazione di quelle componenti – liberali, cattolici, monarchici, militari e via dicendo – che non si riconoscevano nel progetto politico di Togliatti e dei suoi compagni. Il vizio d’origine della festività si manifestò subito.

Le celebrazioni ufficiali della ricorrenza, iniziate dopo che comunisti e socialisti erano stati esclusi dal governo, assunsero un aspetto quasi paradossale. Accanto alle manifestazioni ufficiali promosse dai governi nello spirito di una piena riaffermazione dell’identità nazionale, se ne svolgevano altre inneggianti al "tradimento della Resistenza" e dei suoi valori. Molte piazze, quasi a sottolineare questo ‘tradimento’, si riempivano, anziché di tricolori, di bandiere rosse. Questo accadeva mentre nel paese, man mano che passavano gli anni e al di là della appartenenza dei singoli a uno o altro partito, si facevano sempre più salde tanto l’adesione ai principi liberali e democratici quanto l’estraneità alle suggestioni di un passato irripetibile, morto e sepolto e, semmai, sopravvissuto nostalgicamente solo in qualche residuale frangia generazionale. Molti decenni sono trascorsi. Si son succedute, pur tra luci e ombre, una prima e una seconda repubblica.

Gli italiani hanno relegato in soffitta la "guerra civile ideologica" che era stata il portato della vera e propria "guerra civile" seguita alla conclusione del secondo conflitto mondiale. Anche la lettura storiografica degli avvenimenti all’origine della rinascita democratica del paese è, in gran parte, cambiata. In questo clima la celebrazione del 25 aprile, al là delle dichiarazioni pubbliche, può assumere un significato etico e civile importante, non solo e non tanto come ricordo dei sacrifici del passato, quanto piuttosto come consacrazione di una ritrovata unità nazionale. Una Festa della Liberazione che sia anche Festa della Libertà.