DAVID ALLEGRANTI
Politica

PECORE ELETTRICHE / L’effetto Draghi su Pd e 5 Stelle

LA RUBRICA - Una volta non avrebbero mai cambiato idea. Oggi i due schieramenti si trovano in una forte crisi d’identità. Poi c’è il nodo dell’ex Presidente del consiglio Conte che al momento torna a insegnare. Come diceva Flaiano: «La situazione è grave ma non seria»

Pecore elettriche

Firenze, 21 febbraio 2021  - Il governo Draghi ha già prodotto un primo effetto: le crisi parallele di Pd e M5s. La linea della segreteria nazionale Zingaretti-Bettini («o Conte o morte») è stata sconfitta. Il vicesegretario Andrea Orlando, nel frattempo diventato ministro del Lavoro, a gennaio diceva che il Pd non avrebbe cambiato idea neanche se fosse arrivato Superman. Nel M5s, invece, c’è appena stata una raffica di espulsioni contro i parlamentari che hanno votato No al governo Draghi (15 al Senato, 16 alla Camera). Ormai, i deputati e i senatori cacciati o che hanno dato l’addio ai Cinque stelle sono così tanti che potrebbe nascere il M5s bis. Per Beppe Conte, che dal primo marzo tornerà a Novoli a insegnare (l’impressione è che ci resterà poco), le possibilità raddoppiano: adesso può addirittura scegliere di quale M5s fare il capo. Il partito di Nicola Zingaretti e quello di Beppe Grillo sono insomma in crisi d’identità.

C’è chi pensa di risolverla, questa crisi, con la psicanalisi parlamentare: un intergruppo al Senato fra Pd, M5s e Leu, non in omaggio alla Fiorentina, al Milan o alla Juve, nemmeno alla montagna in stile, chessò, «Amici di Cortina d’Ampezzo», no: proprio un’alleanza politica che anticipi la futura creatura cara al Pd insieme ai grillini. Le prossime amministrative saranno probabilmente il momento giusto per sperimentare questa «casa comune». Si voterà in città importanti, da Roma a Milano, da Torino a Napoli. C’è poi da sciogliere il caso suppletive. L’idea del Pd nazionale di candidare Conte nel collegio di Siena è stata respinta dal Pd senese e toscano con veemenza.

Simona Bonafè, europarlamentare e segretaria del Pd toscano, dice che non accetterà candidatura calate dall’alto. I senesi rivendicano autonomia dopo aver già accettato il paracadutato Pier Carlo Padoan nel 2018. Non è detto che sia finita. D’altronde, Conte ha un capitale politico-emozionale da spendere adesso, fra sei mesi non varrà più molto. C’è anche la possibilità che qualcuno voglia utilizzarlo come il Romano Prodi del 2021 (urca), ma difficilmente l’idea sarebbe maggioritaria in tutto il Pd. L’intergruppo «Amici di Beppe Conte», insomma, potrebbe naufragare presto o essere marginalizzato. Il travaglio, con la t minuscola, è ovunque insomma. Nel Pd ma anche nel M5s. Erano il partito dell’anti-establishment, con il voto favorevole a Draghi sono diventati il partito dell’establishment. Protestavano contro le élite, sono diventate parte dell’élite. Scendevano in piazza con il «vaffa», adesso governano con Forza Italia dell’arcinemico Berlusconi. Diceva oltre sessant’anni fa l’amato Ennio Flaiano: «La situazione politica in Italia è grave ma non è seria». Non è cambiato molto, visto che siamo sempre qui a chiederci dove stia il confine fra la tragedia e la farsa.

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