BRUNO VESPA
Politica

Telefonate e trivelle

Il commento

Roma, 2 aprile 2016 - Matteo Renzi ha derubricato a "telefonata inopportuna" il passo fatale di Federica Guidi e ha incassato il paragone con Annamaria Cancellieri (governo Letta) che per una "telefonata inopportuna" sul caso Ligresti non credette di doversi dimettere.

Dopo aver sollecitato l’abbandono di un ministro ‘pesante’ come Maurizio Lupi per un regalo di laurea a suo figlio (valore reale dell’orologio 3.000 euro, non i diecimila di cui si parla negli atti processuali), era scontato che le dimissioni della Guidi sarebbero arrivate immediatamente. È necessario che l’interim assunto da Renzi sia breve. Lo Sviluppo economico è un ministero chiave, già impoverito dal trasferimento come ambasciatore presso l’Unione europea di un campione di relazioni internazionali del calibro di Carlo Calenda.

Dovrà essere scelto un ministro di serie A e la decisione avrà una notevole rilevanza politica. La Guidi era infatti un ministro tecnico . Era stata presidente dei Giovani di Confindustria e la sua famiglia – pur assai brava nelle relazioni – è più vicina al centrodestra che al centrosinistra.

La signora Guidi si era trovata suo malgrado a rappresentare l’ultima testimonianza governativa del Patto del Nazareno. È possibile che Renzi per sostituirla voglia un’altra donna: la parità assoluta di genere era stata già compromessa con l’ascesa di Paolo Gentiloni agli Esteri al posto di Federica Mogherini. Farà una scelta esterna o interna alla politica? All’interno c’è già pronta la vice ministra Teresa Bellanova che viene dalla Puglia salentina e potrebbe costituire un malizioso contraltare al formidabile potere di Michele Emiliano, l’unico governatore davvero avversario irriducibile di Renzi (il toscano Rossi ha la mano assai più leggera).

La Bellanova, che si occupa della parte più rognosa del ministero (le aziende in difficoltà), viene da una frontiera simbolica della Cgil: il bracciantato pugliese di Giuseppe Di Vittorio. È perciò politicamente l’esatto contrario della Guidi. L’ultima palata di terra sulla tomba del Nazareno e al tempo stesso un occhio alla sinistra sindacale? Chissà.

Quel che ci appare meno comprensibile è l’ipotesi che l’inchiesta su Eni e Total pugliesi possa dare un aiuto insperato al comitato che vuole abolire l’attuale legislazione sulle trivelle che tirano petrolio e gas (ieri Renzi ha giudicato l’operazione petrolifera Tempa Rossa – quella in cui è coinvolto il fidanzato della Guidi – come indispensabile. E si sa quanto in Italia sia difficile portare avanti iniziative del genere). Da vecchio cronista so quante bugie si dicono nelle campagne elettorali sui referendum: basti ripensare al nucleare.

Ma mi sembra che stavolta il problema sia chiaro: premesso che non saranno concesse nuove licenze per estrazioni entro le 12 miglia (e infatti alcune grandi compagnie sono andate via), la legge attuale prescrive che chi ha la licenza possa continuare a sfruttare i giacimenti fino a quando ci sarà gas o petrolio, anche oltre la scadenza della concessione. Poi basta. I sostenitori dell’abrogazione vogliono che alla scadenza della licenza tutto finisca. Entrambe le opinioni sono rispettabili. Ma a chi teme che esaurito un giacimento i petrolieri – usando le stesse trivelle – ne cerchino un altro, si può rispondere che sarebbe un abuso perseguibile penalmente. La polemica politica cederebbe il posto al magistrato e ai carabinieri. Si decida serenamente, perciò, senza mischiare le carte.