Firenze, 12 ottobre 2024 – «Entro fine mese ci incontreremo a Firenze. Di persona». Parola di Alessandro Tomasi. È quindi alle porte un conclave del centrodestra con all’ordine del giorno il «tema candidatura, il coordinamento del lavoro dei gruppi in Regione, l’affinamento di posizioni per renderle univoche». Magari sotto Halloween. Resta solo da capire se il sindaco di Pistoia preferirà il dolcetto da coordinatore toscano di FdI al pari dei due alleati di Forza Italia e Lega o calare l’asso con lo scherzetto da candidato ufficiale piuttosto che in pectore.
Baroncini apre, Stella pressa, Petrucci chiude: Tomasi, primarie sì o no?
«Per correttezza preferisco non prendere posizione. La mia nomina a coordinatore è recente. Saranno sul tavolo dell’incontro, in modo laico e senza preclusioni. A noi interessa essere competitivi, non carrozzoni o campi larghi solo per vincere. Tranquillizzo tutti: sulla sostanza, FdI, Lega e Forza Italia sono d’accordo. Sono forze che stanno insieme da 30 anni, amministrano Comuni capoluogo, governano il Paese. Trovo più rassicurante questo, da cittadino, piuttosto che Tomasi candidato o meno».
Perché un dibattito di coalizione così acceso sul tema?
«Perché siamo vivi e in corsa. Discutiamo ora per non farlo 40 giorni prima del voto. Il vero problema sarebbe se un nostro elettore ci domandasse: “Ma voi avete un nome?“ Se avessi partiti accanto senza classe dirigente avrei più difficoltà ad affrontare questa sfida».
Qui parla già da candidato, però. A Toscana Tv ha lanciato i nomi di Barabotti e Nisini per bruciarli?
«Ma no, solo perché seguo con loro dossier comuni».
Stella o Bergamini, invece, sono profili spendibili come candidati in Regione?
«Perché no?. Due in gamba e di esperienza. C’è chi agita lo spauracchio della nostra mancanza di esperienza di governo. A questi ricordo che mentre la sinistra si crogiolava nella bambagia del potere il centrodestra è partita dall’inferno del 2%, passando dall’opposizione a governare con visione».
È conflitto di interessi sedersi al tavolo per discutere con altri di se stesso?
«Io sono un uomo libero e al tavolo rappresento non me stesso ma una coalizione pronta a parlare con tutti, col mondo civico e civile. Su questo sarò garante».
Non è che Donzelli e Meloni l’hanno messa a capo del partito per blindarla dalle liste civiche?
«Ne ho parlato con Giovanni. Ci siamo detti che la priorità era mettersi subito a lavorare in chiave elettorale per il 2025 per avere partiti forti, ben organizzati, autorevoli e attrattivi verso il civismo. Sicuramente serviranno anche civiche competitive se vogliamo vincere».
In questa legislatura sostiene che in consiglio regionale sia mancato un portavoce all'opposizione in chiave anti-Giani: una stoccata a Susanna Ceccardi?
«Succede da molte elezioni che chi è stato eletto poi non rimane alla guida della coalizione per ricoprire altri ruoli. Stavolta in consiglio regionale rimarrà a dare rappresentanza chi ha sfidato il presidente eletto. Su Susanna è semplice: senza lei non avremmo avuto alcuna rappresentanza in Europa».
La Toscana oggi è davvero contendibile o, sussurrano i maligni, correrà sicuro di un salvagente in Senato?
«La sinistra è forte e siamo coscienti che questa è la Regione più difficile d’Italia in cui vincere. Ma non tentare vuol dire non dare voce a chi crede nell’alternanza. Storicamente, governiamo laddove abbiamo osato. E sia chiaro: nessun paracadute. La mia storia parla da sola: vengo da voti e preferenze conquistate sul campo».
Non fa che ripetere che “non arriveranno gli Unni in caso di vittoria“. Lei può dirsi convintamente antifascista?
«Assolutamente sì. Meloni, da premier, ha giurato sulla Costituzione antifascista e anticomunista. Io, da sindaco, pure. Io fascista o Giani stalinista? Basta, sgomberiamo il campo una volta per tutte».
Lecito il modello Guazzaloca. Ma pontificare scelte di una regione rossa fino al midollo come l’Emilia non è un autogol?
«La citazione è voluta: non ho problemi a definire lungimirante l’operazione Hera fatta dalla sinistra con l’ex sindaco di Bologna. Qui siamo fermi a campanilismi e logiche correntizie. A volte certe divisioni vanno superate per il bene dei toscani. Perché laggiù vent’anni fa è nata la Multiutility e qui si mette a rischio un processo iniziato che prova a salvare l’ultimo tentativo d’indipendenza della Toscana dalle grandi aggressioni di soggetti che vengono qui per comprare tutto? Perché in Emilia la grande viabilità è a tre corsie e qui si parla di Fi-Pi-Li o del piano dei rifiuti solo nell’ultimo anno di mandato di Giani? La sinistra governa da sempre, eppure, senza mai aver preso per le corna temi strategici come questi».
L’assist sulla Multiutility va colto: il 18 nuova assemblea dei soci sul piano industriale?
«Non vedo l’ora di analizzarlo. E’ il cuore della questione. Prima però va deciso se tenere dentro il servizio idrico, cosa che auspico altrimenti la Multiutility perderebbe molto del suo senso. Poi, se consolidare Estra e se fare la holding pubblica. Tutto ciò determina a cascata il capitolo finanziamenti».
Sull’acqua però andrebbero persuasi i pisani e il sindaco, suo collega, Michele Conti…
«Lo so. Ma la Toscana rimane la Regione con le tariffe più alte d’Italia. Conti e Pisa vanno convinti con politiche industriali serie nel rispetto dei territori. Finché sui giornali finiscono solo i litigi sulla quotazione in Borsa e le faide nel Pd l’allargamento non si concretizzerà mai».
Entrerebbe Tomasi in Borsa?
«Sono laico: il cda ha chiesto di valutare i pro e i contro. Piazza Affari non va demonizzata. Se costa meno trovare risorse tramite le banche o coi bond, ben venga. Demonizzo perdere il tempo necessario a salvare la Toscana con gli investimenti, mentre Hera e Iren comprano i nostri impianti».