DAVID ALLEGRANTI
Politica

Se un altro Berlusconi è davvero impossibile

L’Italia degli anni Novanta era diversa. Come spiega Alberto Mingardi c’era una domanda di principi liberali oggi sostituita da una domanda di protezione, anche sociale, alla quale la destra tenta di fornire risposte (riuscendoci, come dimostra il successo politico di Giorgia Meloni)

La rubrica 'Pecore Elettriche' di David Allegranti

Firenze, 18 giugno 2023 – Con la morte di Silvio Berlusconi, 86 anni, è finita l’età della giovinezza, non dal punto anagrafico, ma socio-culturale. È la fine di un’epoca e anche di un’epica. Pochi uomini politici sono stati così polarizzanti nella vita politica del Paese come Berlusconi; amato e odiato, ma mai capace di suscitare indifferenza. Dette una casa – qualcuno disse di plastica – ai liberali italiani, consentendo anche agibilità politica ai post-fascisti. Come quando nel 1993 si schierò a favore di Gianfranco Fini candidato sindaco di Roma.

Vale ora per la destra la domanda che fu di Lenin: che fare? Un altro Berlusconi è impossibile, per molte ragioni. I figli sono comprensibilmente interessati e preoccupati per il destino delle aziende; sosterranno Forza Italia, partito che ha 90 milioni di euro di debiti nei confronti della famiglia, ma l’impegno diretto è un’altra cosa (e l’unica che potrebbe avere una certa sensibilità politica pare che sia Marina). Berlusconi è politicamente l’eredità e il lascito di sé stesso. I delfini e gli aspiranti successori sono stati sbranati, è il vecchio mito di Crono che divora i suoi figli. A nessun altro, dentro Forza Italia, verrebbe concesso di rappresentarsi a immagine e somiglianza di Berlusconi, non c’è Antonio Tajani che tenga.

Come mi ha detto una volta Marcello Pera, uno che conosceva bene Berlusconi e Forza Italia, "essendo il partito di Berlusconi nato con Berlusconi, dipendente dalle intuizioni di Berlusconi oltre che in alcune circostanze dai soldi di Berlusconi, e dai voti di Berlusconi, bisogna rispettarlo per quello che è". Per Forza Italia la notizia è doppiamente terribile, perché l’anno prossimo ci sono le elezioni europee e la soglia del quattro per cento, che qualcuno vorrebbe abbassare al tre, potrebbe essere ostica.

Un anno è lungo, e il patto con Meloni – l’unica in grado di assorbire oggi l’elettorato berlusconiano – per non inglobare, non subito almeno, i parlamentari di Forza Italia rimasti senza capo, potrebbe resistere poco.

Berlusconi non c’è più, ma potrebbe resistere l’antiberlusconismo. Michele Serra su Repubblica ha spiegato le ragioni deteriori del successo politico di Berlusconi: "Far sentire importante chiunque per dare importanza (e potere) a sé stesso". Ma questa è la politica, non è solo Berlusconi. "I venditori, gli imbonitori, sanno quanto conta la fragilità delle persone. La loro insicurezza, la loro vanità, il loro bisogno di gratificazione", ha scritto Serra. "Una comunità di persone forti, in grado di darsi autonomamente dignità e identità, non avrebbe avuto bisogno di Berlusconi – perché non è una comunità in vendita". Trovo significativo che una parte dell’Italia si sia sempre considerata il "popolo maturo" al confronto degli altri e che tutt’ora si consideri più adulta, forte. Non so bene su che base. Forse è per questo che Berlusconi ha vinto. Non l’ha inventata Berlusconi la democrazia del narcisismo, casomai ne è stato un autorevole interprete. Ma far sentire le persone importanti non è riprovevole per un politico: lo è trattarle con sussiego moraleggiante.

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