di Luca Bongianni
Riparte da dove era cominciata la battaglia sull’aborto farmacologico. Sono apparsi in città da alcuni giorni tanti manifesti pro e contro l’interruzione della gravidanza effettuata attraverso la somministrazione di uno specifico farmaco abortivo. Da una parte l’Uaar, Unione degli atei e degli agnostici razionalisti che dichiarano l’interruzione della gravidanza "una conquista da difendere", dall’altra il comitato Pro Vita & Famiglia che invece invoca uno "stop alla pillola abortiva RU486".
Quella pillola che venne utilizzata per la prima volta a Pontedera, 15 anni fa. All’ospedale Lotti di Pontedera fu il medico Massimo Srebot, ginecologo e allora direttore dell’Unità operativa di Ostetricia e Ginecologia della Usl 5 di Pisa (diventata poi Asl Toscana Nord Ovest), ad introdurre in Italia il metodo dell’interruzione di gravidanza non chirurgica. Il Lotti diventò in quegli anni punto nevralgico per donne provenienti da tutto il Paese. Non mancarono le polemiche ma la battaglia tra favorevoli e contrari alla pillola, che comunque di fatto si era attenuata, ora torna ad accendersi, a suon di manifesti. C’è chi difende l’interruzione volontaria di gravidanza, come l’Uaar. "Ho scelto di interrompere volontariamente una gravidanza con la terapia farmacologica – è la dichiarazione firmata da Alice Merlo riportata sul manifesto –. L’ho potuto fare in tutta sicurezza. La RU486 evita il ricovero ospedaliero e l’operazione chirurgica: una scoperta scientifica meravigliosa per la salute della donna". A difendere questa scelta Mario Bennati, coordinatore provinciale dell’Uaar: "Abbiamo iniziato questa campagna per continuare a difendere questa vera e propria conquista per la donna la società si è evoluta, la presa di coscienza e l’autodeterminazione della donna non può essere messa in dubbio. Le donne hanno bisogno dell’aborto farmacologico, per loro non è un divertimento ma un’esigenza". Risponde la onlus Pro Vita & Famiglia con una domanda forte, "prenderesti mai del veleno? Stop alla pillola abortiva RU486, mette a rischio la salute e la vita della donna e uccide il figlio nel grembo". Si schiera contrariamente Donatella Isca, referente della onlus. "È successo appena qualche giorno fa in Argentina – dice – che una attivista pro-choice è morta in seguito all’assunzione di una dose di misoprostol (il principio attivo che, in accoppiata al mifepristone è alla base del cocktail della pillola Ru 486) e qui a Pontedera ci siamo risvegliati con una campagna dell’Uaar che rivendica ancora una volta il diritto di scelta della donna difendendo come conquista l’aborto farmacologico. Di fatto questo riporta la donna alla condizione preesistente alla legge 194, riportandola in solitudine in un ambiente non presidiato da personale sanitario. Una società civile dovrebbe supportare il diritto di scelta per la vita e lavorare per far sì che si possa nascere e crescere per contribuire alla crescita di una nazione in declino come l’Italia e, purtroppo, come la Toscana che, da un ventennio, è una regione con natalità bassa, sia in termini assoluti che per il tasso di fertilità con la media dei figli per donna di 1,42".