
Un’operatrice nel laboratorio di analisi (foto di repertorio)
Volterra (Pisa), 4 gennaio 2020 - L’ultimo decesso (ma, in questo caso, il batterio-killer è stato concausa e non fattore scatenante della morte) per New Delhi risale alla prima settimana di dicembre a Volterra: il decesso riguarda una paziente precedentemente ricoverata all’Auxilium Vitae e trasferita nei reparti ospedalieri del Santa Maria Maddalena. L’ultimo caso invece di isolamento del super batterio è recentissimo e nuovamente ci riporta a Volterra, ancora ad un paziente della struttura di riabilitazione Auxilium Vitae che accoglie pazienti con quadri clinici importanti e piuttosto impegnativi. Ed i rischi schizzano alle stelle nei casi di pazienti anziani e con un quadro clinico già compromesso. Nel reparto ad hoc aperto qualche tempo fa all’ospedale Lotti di Pontedera (il cosiddetto modello assistenziale "a cellula") al momento albergano circa 6-7 pazienti "tutti colonizzati – spiega il dottor Tommaso Bellandi, responsabile della struttura di sicurezza dei pazienti della Asl Toscana Nord Ovest – il che vuol dire portatori sani del New Delhi. In questi precisi casi di ricovero al Lotti, significa aver riscontrato la presenza del germe nella sua sede naturale, ovvero l’apparato gestro-intestinale. In stato di colonizzazione non significa, lo preciso, in stato infettivo". In linea generale, i casi di mortalità sono scesi dal 40% al 33% negli ultimi mesi e non necessariamente si tratta di decessi dovuti all’infezione specifica.
Restando incollati ai dati diffusi dall’Ars (l’agenzia regionale di sanità incaricata di monitorare la diffusione del super batterio e che partecipa all’unità di crisi istituita dalla Regione) fra il novembre 2018 ed il 30 dicembre 2019 i batteri NDM sono stati isolati nel sangue di 153 pazienti. Le misure di tutela adottate nei mesi scorsi, dopo l’emergenza scoppiata in estate, hanno ridotto sensibilmente l’allarme. In che modo? «Intanto è stato ampliato lo screening dei pazienti nell’accesso non solo alle aree delle terapie intensive, ma anche alle aree mediche – spiega il dottor Bellandi – e sono quindi aumentate le misure di prevenzione, anche attraverso una massiccia campagna di formazione a tappeto del personale e attraverso una capillare sensibilizzazione sulle norme igieniche basilari, come il lavaggio delle mani. Perché il New Delhi non si trasmette per via aerea, con uno starnuto, ma attraverso il contatto fisico. Sono state rafforzate le attività dei laboratori, anche all’ospedale di Pontedera, e in generale sono state assunte 21 unità di personale. Se il batterio viene individuato rapidamente, vien da sé che aumentino le chance di sopravvivenza nel paziente. Quel che adesso dovrà essere potenziato sia a Volterra che a Pontedera è la figura di un medico specialista, un vero e proprio assistente per sviluppare le terapie antibiotiche. Al Lotti possiamo contare già sulla presenza di un medico, mentre il Santa Maria Maddalena di Volterra si appoggia attualmente a specialisti del reparto di terapie infettive dell’ospedale di Livorno, che però devono coprire anche altre zone della costa tirrenica. L’impostazione della terapia antibiotica è fondamentale perché deve essere personalizzata in base alle situazioni che via via si presentano. Quindi la figura del cosiddetto medico "steward" deve sicuramente essere rafforzata. Al momento – conclude il dottor Bellandi – il tasso di mortalità da New Delhi è comunque sceso rispetto ai mesi precedenti". © RIPRODUZIONE RISERVATA