CARLO BARONI
Cronaca

Bullismo "Un nuovo dialogo scuola-famiglia"

Pontedera, minacce ai compagni più fragili per farsi consegnare soldi. L’analisi dopo l’ultimo grave episodio: parla la psicologa Bagni

La polizia di Pontedera ha ricostruito la vicenda

La polizia di Pontedera ha ricostruito la vicenda

L’ultimo, il caso di Pontedera: un gruppetto di studenti minorenni di un istituto secondario di secondo grado da tempo aveva preso di mira alcuni studenti in situazione di fragilità. Un sedicenne è stato arrestato dalla polizia perché sorpreso in flagranza di reato mentre si faceva consegnare 30 euro da una delle vittime. Per approfondire il fenomeno del bullismo e dei suoi tanti volti, abbiamo chiesto aiuto alla psicologa Veronica Bagni.

Non si trovano freni al bullismo. Cosa sta accadendo ai nostri ragazzi?

"L’adolescenza di per sé è spesso caratterizzata da una forte instabilità emotiva, connessa e dipendente dalla ricerca della propria identità e dell’auto-definizione come persona. Il bullismo può essere, in questo contesto, da considerarsi come una delle possibili risposte alla percezione del proprio "Sé" come vulnerabile, non ancora ben definito e l’azione del “bullo” come un tentativo di riprendere una forma di controllo esterno, attraverso azioni di manipolazione e intimidazione di chi viene considerato e percepito come più debole".

Secondo lei perché un giovane arriva a tanto?

"Da un punto di vista psicologico possiamo dire che dietro un comportamento aggressivo spesso si nasconde una bassa autostima o una difficoltà relazionale che porta il giovane a usare la violenza come mezzo per “emergere”, farsi notare, relazionarsi. Da non sottovalutare l’aspetto comunicativo: il bullo, che non ha sufficienti strumenti per esprimere il proprio malessere in un modo funzionale, mette in atto azioni sugli altri che fanno emergere quella che può essere chiamata sofferenza emotiva non elaborata. Da non sottovalutare inoltre come oltre ai fattori interni ci siano anche fattori esterni che incidono, come ad esempio la pressione sociale, alcuni modelli di riferimento negativi provenienti dal mondo dei media o dal gruppo dei pari".

Cosa ritiene che sarebbe necessario fare per dare una spinta all’educazione alla legalità ed al rispetto?

"Una delle prime azioni da intraprendere è quella di investire sull’educazione emotiva dei nostri ragazzi: attraverso di essa possono dare un nome alle loro emozioni, legittimare la possibilità di provare emozioni come la rabbia, dargli una intensità e laddove queste si manifestino con una estrema intensità provare a trovare le strategie che favoriscano una espressione sana e non una esplosione aggressiva. Inoltre, sarebbe necessario coinvolgere la famiglia, la scuola e la comunità in un lavoro sinergico. I genitori, ad esempio, devono essere educati a riconoscere i segnali di disagio nei propri figli, mentre la scuola dovrebbe offrire spazi di dialogo aperto e sostegno psicologico".

Si parla tanto, appunto, di sinergia scuola-famiglia, quali lacune ci sono, se ancora assistiamo a certi episodi?

"La sinergia tra scuola e famiglia è fondamentale, ma spesso mancano lo spazio e il tempo per mettere in atto una collaborazione profonda. Le famiglie, in alcuni casi, non sono sufficientemente informate o preparate ad affrontare situazioni di bullismo, soprattutto se non riconoscono segnali di disagio nei propri figli. Inoltre, la scuola può trovarsi in difficoltà a gestire episodi di bullismo, specialmente quando questi si estendono al web, dove il controllo è più difficile. Un’altra lacuna importante è la comunicazione tra i due contesti: spesso, famiglie e scuole non si parlano abbastanza. Una vera sinergia dovrebbe puntare su una comunicazione aperta e costante, dove le famiglie si sentano coinvolte e non giudicate, e dove la scuola possa fare da punto di riferimento per entrambi".

Carlo Baroni