San Miniato (Pisa), 8 ottobre 2018 - Sono arrivate le 26 foto scattate dalla Scientifica di Roma e nel fascicolo d’indagine sulla morte di Federico Carnicci, 27enne di Santa Croce, ex operaio scomparso a Roma e restituito morto dal Tevere nel luglio del 2015 nello spazio di dieci giorni. Davanti a quelle foto i sospetti, i dubbi, il dolore di Lidia Speri, la madre del giovane, prendono corpo. «Le guardo un po’ alla volta - dice mamma Lidia -. Mi ci sono volute ore per vederle. A mia figlia Vittoria che me le inviava insieme ai suoi mille perché, ho detto: ‘un po’ alla volta...’. Quelle foto sono la galleria di un corpo martoriato: la Scientifica allunga l’obiettivo su molti particolari: un segno sulla coscia, un buco sulla schiena, un volto che non c’è più, un corpo che era avvolto in una rete da pesca. Nella relazione autoptica, la prima, quella che portò all’archiviazione, non ci sono approfondimenti su questi aspetti».
«Invierò nei prossimi giorni quelle foto al criminologo che abbiamo già contattato - aggiunge Lidia -. Si tratta di un esperto di Roma che ci fornirà una consulenza con la quale tenere aperto il caso e duellare nel caso si vada verso una seconda archiviazione». La famiglia ha potuto acquisire le immagini anche grazie al sostegno di tanti amici che hanno contribuito alla sottoscrizione aperta su Facebook alla battaglia per dare: «Verità e giustizia a Federico Carnicci». Ora mamma Lidia farà altri sacrifici economici per sostenere le spese della consulenza. Lidia Speri e la figlia Vittoria, da tempo si dicevano convinte che quelle foto potessero aiutare ad una diversa lettura dei fatti: «A Federico mancano varie parti del corpo. E, questo è certo, non è morto per annegamento. Non c’è acqua nei polmoni».
Fu picchiato? Ci fu un litigio? La madre questo sospetto non la ha mai nascosto troppo. O le cose andarono come ha raccontato chi nell’immediatezza ne ha denunciato la scomparsa. L’amico Carlo, uno del gruppo, al commissariato di polizia dichiarò: «Verso le 3, mi sono accorto che il nostro amico Federico si era gettato nel Tevere, probabilmente perché avevo bevuto troppa birra ed aveva perso l’equilibrio. Assieme al mio amico Massimo Galioto siamo riusciti ad afferrarlo ed a farlo uscire dall’acqua. Una volta tranquillizzato ci siamo rimessi a dormire fino alle 7: una volta svegliati mi sono accorto che Federico non stava più dormendo nel suo sacco a pelo».
Carnicci quei giorni condivideva un’esperienza di strada con un gruppo di punkabbestia che viveva sotto ponte Mazzini: nella notte fra il 6 e il 7 luglio 2015 entrò nel pianeta degli scomparsi. Come finì in acqua? Al criminologo Lidia Speri consegnerà anche tre oggetti che il Commissariato di polizia le consegnò all’epoca dei fatti. Tra questi anche un coltello, un bicchere e un mazzo di chiavi che nessuno sa cosa possano aprire.