REDAZIONE PONTEDERA

"Chi e per la Rotta?". Gridò la guardia della stazione

La sosta nella frazione "Gli abitanti esercitano quasi tutti il mestiere di fornaciai"

Prima di giungere a Pontedera il viaggio di Lorenzini arriva a La Rotta: “Chi e per la Rotta?.. gridò la guardia della Stazione, appena che il convoglio, cigolando e fischiando sotto la compressione delle martinicche, si fu fermato. – Donde mai – chiese una zittellona di 40 anni – ha preso il suo nome questa contrada? – Probabilmente – rispose l’altro senza farsi attendere – dalla rottura naturale dell’Arno, quando le sue acque radendo l’esteme falde dei poggi fra Monte- Calvoli e Monte-Castello, si fecero strada dal Valdarno inferiore nel bacino Pisano. In ogni modo, il nome di Rotta è antichissimo, perché fin dagli anni 811 e 830 si parla di alcuni beni posti al di là della Rotta (Transrotta). Gli abitanti di questo borgo esercitano quasi tutti il mestiere di fornaciai, ossivero quello di tagliaboschi e di vetturali, per far legna e trasportare i mattoni, embrici, ed altri prodotti consimili delle molte fornaci che si contano nel paese. La Parrocchia di S. Mattia della Rotta deve fare, all’incirca un 1400 abitanti”.

Un esperimento simile a quello di Lorenzini era contenuto nella “Corsa sulle vie ferrate di Toscana. Cenni Storici sui luoghi adiacenti e vicini alle medesime” contenuto ne “Il Mondo-Nuovo, lunario per l’anno 1851 compilato da una Società di Amici” edito a Firenze. Nella “corsa” dopo aver narrato la storia di Pontedera si aggiungeva: “Fabbrica cordaggi di canapa e giunchi; ed il bestiame da frutto delle sue campagne, il riso, il vino, i mercati le danno molto guadagno. Bella e ricca la strada principale: comodo il ponte. Il paese ha pochi mezzi d’istruzione: merita che i buoni vi pensino”.

Michele Quirici