E’ stato affidato ieri in procura a Pisa, si apprende, l’accertamento tecnico non ripetibile sugli apparati telefonici, i supporti informatici e sull’apparato di registrazione video sottoposti a sequestro. Su tutto questo materiale sarà effettuata una perizia forense per l’estrapolazione dei dati contenuti, necessari per la ricostruzione dei fatti relativi all’omicidio di Elson Kalaveri. L’uomo morì dopo una scarica di 16 colpi il 18 agosto dello scorso anno a Sasso Pisano, frazione di Castelnuovo Val di Cecina. A sparare furono due sicari residenti in Campania, rispettivamente di 26 e 45 anni, assoldati da un albanese per vendicare la morte del fratello ferito nel 2014 in Albania durante una lite con Kalaveri e poi deceduto nel 2019. Con i due che impugnarono le pistole e fecero fuoco c’era un terzo soggetto del commando: un 30enne.
Con un anno di indagini i carabinieri del nucleo investigativo di Pisa, coordinati dal sostituto procuratore della Repubblica Giancarlo Dominijanni, hanno dato un copione al giallo del delitto di Sasso Pisano ricostruendo minuziosamente, hanno spiegato, il contesto dell’omicidio e raccogliendo un quadro di gravi indizi di colpevolezza a carico di cinque persone ora ritenute responsabili, a vario titolo, di omicidio premeditato in concorso, porto abusivo di armi e contraffazione di targhe. Il 15 settembre scorso, alle prime luci dell’alba, con un blitz tra Castelnuovo Valdicecina, Thumanë-Kruja (Albania), Pescara e triangolo di Villa Briano, Casal di Principe ed Aversa, sono state eseguite le misure cautelari in carcere carico di : Shkelzen Keci, 41 anni, di Villa di Briano (difeso dall’avvocato Fabiola Tani); Qoli Shkelqim, 40 anni, di Castelnuovo (assistito dagli avvocati Michele Cipriani e Gabriele Terranova); Ivan Tolomello, 45 anni, residente a Marano di Napoli; Valentino Tarallo, 30 anni, residente a Napoli; Giovanni Capone 26 anni, residente a Casoria. Intanto si sono svolti i primi interrogatori di garanzia. Qoli Shkelqim si è avvalso della facoltà di non rispondere. Le difese, per preparare il copione difensivo, attendono gli esiti degli ulteriori accertamenti in corso. All’esito dei quali sarà rivalutata, si apprende, la possibilità di rendere interrogatorio.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti fu il basista a tendere la trappola dando appuntamento alla vittima con la scusa di saldare un debito. Dopo quell’incontro la vittima si allontanò sull’auto guidata da un amico, estraneo ai fatti (e rimasto illeso nella scarica di proiettili) e dopo poche centinaia di metri fu raggiunto dai killer che portarono a termine l’esecuzione. A sparare furono in due.
Carlo Baroni