Pontedera (Pisa), 22 gennaio 2023 - Paolo, lo chiamiamo così, ha 7 anni. E’ nato a Pontedera nel 2016 tramite fecondazione eterologa fatta all’estero. Negli Stati Uniti avrebbe due mamme. In Italia una sola, Denise Rinehart, la donna che lo ha partorito. Se anche la seconda mamma, Giulia Garofalo Geymonat – moglie di Denise – verrà riconosciuta come tale, lo deciderà la Cassazione. Ma Paolo ha anche un fratellino da un anno e mezzo. Lo chiamiamo Mattia. Lui ha due mamme, sia negli Stati Uniti che in Italia. Questa famiglia, ora, vive a Bologna.
Cosa vi ha portato a Bologna?
"Visto quello che era successo a Pisa abbiamo deciso di andare a Bologna, uno dei Comuni che riconosce la doppia genitorialità. Uno dei Comuni progressisti di quest’Italia che si accanisce contro le famiglie come la nostra – dice Giulia che ha partorito Mattia –. Così Mattia ha due mamme e due passaporti".
Paolo invece deve attendere..
"Paolo è solo americano. E’ nato a Pontedera, ma non è cittadino italiano in quando Denise è del Wisconsin e io, l’altra mamma, italiana e pisana, non sono stata ancora riconosciuta come tale. In Italia la cittadinanza si trasmette solo con la genitorialità. Anche per questo, ma non solo per questo, ci siamo imbarcate in questa battaglia contro esclusioni che generano altre esclusioni. E diventano ingiustizie".
L’azione legale che intraprendeste in tribunale a Pisa non ebbe successo, poi in corte d’appello avete vinto. Pensaste di avercela fatta?
"Sì, la corte fiorentina ha fatto una bellissima sentenza di ricerca di diritto privato intenzionale, concludendo per il riconoscimento. L’Avvocatura dello Stato, all’ultimo, ha fatto ricorso dimostrando quello che per noi, è un incomprensibile accanimento contro le famiglie Arcobaleno, per bloccarne sviluppo e futuro. Eppure si tratta solo di rispettare gli accordi internazionali. Noi ci vediamo accanimento ed ignoranza".
Paolo si sta facendo grande...
"Sì, i bambini oggi crescono in fretta e capiscono molto più di quanto immaginiamo. Sappiamo che prima o poi dovremo affrontare con lui questo discorso, spiegargli perché lo Stato nega l’esistenza della nostra vita. E questo, mi creda, ci da tanto dolore".
Guardate con speranza al processo per Cassazione?
"Certo, anche se quando uscì la sentenza d’appello tirammo davvero un sospiro di sollievo. Invece...".
Siete determinate, giusto?
"E’ una questione di civiltà e di giustizia. Viviamo una vita come tutte le famiglie e devo ammettere che di rado, nella vita di tutti i giorni, capita di essere discriminate. Questo dicono anche le altre famiglie che fanno parte dell associazione Famiglie Arcobaleno, che si batte per i nostri diritti. C’è apertura nella società, quella che manca da parte della legge".
Cambierà l’Italia?
"Ci sono da vincere ancora ipocrisie. Viviamo un momento di grande cambiamento nel modo di fare figli, grazie alle nuove tecnologie alle quali ricorrono anche sempre più coppie eterosessuali che, però, si fa finta che non le usino. Preferiamo che queste non esistano, in modo che resti tutto nascosto, e non se ne parli. Troppo scomodo".