CARLO BARONI
Cronaca

Federico Carnicci, dopo 9 anni la morte è ancora un mistero. "Raccogliamo elementi per una nuova indagine"

Santa Croce, Carnicci scomparve una notte e fu trovato cadavere nel Tevere. Un giallo rimasto senza copione: la famiglia continua la battaglia per la verità dopo due archiviazioni. Legale a caccia di testimoni

Federico Carnicci aveva 27 anni quando lasciò Santa Croce per una breve esperienza a Roma senza più fare ritorno: il Tevere lo resituì cadavere

Federico Carnicci aveva 27 anni quando lasciò Santa Croce per una breve esperienza a Roma senza più fare ritorno: il Tevere lo resituì cadavere

Santa Croce (Pisa), 6 luglio 2024 – Il 7 luglio di nove anni fa Federico Carnicci, 27 anni, operaio di Santa Croce, veniva improvvisamente inghiottito dalla notte di Roma. Diventò un fantasma. Dieci giorni dopo il Tevere restituì il suo corpo. La primavera di quell’anno Carnicci, padre di un bambino, aveva deciso di andare a Roma a fare un’esperienza di strada con un gruppo di punkkabestia. Sarebbe tornato a settembre. A dare l’allarme furono i giovani che erano con lui. Sotto Ponte. I familiari – la mamma Lidia, il fratello e la sorella – non hanno mai creduto che il ragazzo potesse essersi tolto la vita in quelle circostanze che da nove anni sono avvolte dal mistero e con un copione mai spiegato. La prima inchiesta finì con l’archiviazione. La seconda (a carico di ignoti), dopo anni, ha fatto la stessa fine.

L’anno scorso il gip di Roma ha accolto la richiesta di archiviazione del pm. Dalle circostanze emerse aveva rilevato i giudice, risulta poco credibile che Carnicci "sia stato spinto in acqua da terzi, in un punto dove non si toccava, così come non sembra verosimile che sia giunto in acqua in quanto trascinato per molti metri da parte di altri, contro la sua volontà". Ma è lo stesso giudice, pur archiviando, a lasciare spazio a dubbi. In quanto nello stesso provvedimento di archiviazione rileva che al tribunale non sfugge che qualcuno, al momento della denuncia di scomparsa, "abbia errato o mentito nell’esporre i fatti alle forze dell’ordine". Una condotta, "pur biasimevole", che però non "appare aver avuto rilievo decisivo nella ricostruzione dei fatti".

Al tribunale apparve più credibile l’ipotesi prospettata dal pm, ovvero che il Carnicci stesso, per gli effetti dell’alcol, unito a un possibile disorientamento per l’utilizzo di un barbiturico, "si sia addentrato spontaneamente nel fiume, senza rendersi conto del relativo pericolo, finendo per perdere il controllo della situazione e non riuscire a tornare indietro". La famiglia, invece, è di tutt’altro avviso e riparte da lì. Da sotto ponte. Da quella notte. Dal cellulare di Federico, dalla tenda del giovane – già oggetto di approfondimenti della criminologa Sara Bardi – e dalla ricerca di testimonianze.

L’avvocato Luigi Chittoni Fornaciari, che aveva portato in udienza una mole impotente di investigazioni difensive, e anche il deposito di una perizia con colloqui con persone che all’epoca dei fatti conoscevano e frequentavano Federico a Roma, e con l’acquisizione di altri elementi quali messaggi whatsapp, telefonate, e soprattutto dei rilevi effettuati nella tenda dove aveva dormito il Carnicci, l’ultima sera. Il legale della famiglia chiedeva nuove indagini e una autopsia, e ora – dopo aver valutato e, per il momento accantonato l’intendo di un ricorso alla Cedu – sta lavorando per far riaprire il caso. "Siamo davanti, per le nostre valutazioni, a ipotesi di reato che non vanno in prescrizione – spiega il legale –. Stiamo acquisendo elementi, ancora ci mancano dei tasselli. Poi porteremo tutto in Procura chiedendo una nuova indagine,da zero. Tutto da capo".

Carlo Baroni