Santa Croce, 26 gennaio 2018 - Le maestre, ieri, erano in aula. Sedute distanti. Come distanti e diverse sono le posizioni in questa storia di maltrattamenti in una classe di bambini della prima elementare che è stata ripercorsa con le prime testimonianze nell'aula del tribunale di Pisa, davanti il giudice Eugenia Mirani. Gli episodi cardine sono stati ripercorsi tutti: dallo «zero spaccato» sul quaderno in prima elementare, la negazione delle merenda o del bagno come punizioni. «Mia figlia ad un certo punto inventava mal di pancia per non andare a scuola», ha detto al giudice del tribunale di Pisa, Eugenia Mirani, la prima mamma che è stata sentita nel processo carico della maestre della scuola elementare di Santa Croce, Filomena Ferrara, residente San Miniato, difesa dagli avvocati Cirillo e Baregi, e Alessandra Caponi di Santa Croce, difesa dagli avvocati Cecilia Lami e Stefano Tovani, sotto accusa per maltrattamenti sui bambini e, una di loro (Ferrara), anche di lesioni.
Agli atti del giudice c’è anche un paio di forbici con lama in alluminio e impugnatura di plastica che la maestra Ferrara – secondo il racconto della mamma – avrebbe strappato di mano alla bambina strattonandola e causandole lesioni lievi al fianco sinistro. L’episodio è del 3 dicembre 2015 e fu quello che fece scattare la prima denuncia querela. Ad inchiodare le maestre alle imputazioni – secondo il pubblico ministero Flavia Alemi – ci sono le riprese delle microcamere istallate dai carabinieri del nucleo investigativo per «vedere» cosa accadeva nella classe. «Quando con mio marito vedemmo i video lui si mise a piangere», ha detto la donna aggiungendo che fu la bambina., uscendo da scuola, a raccontarle «che la maestra Ferrara le aveva fatto male; si era arrabbiata perché ritagliava un foglio e le aveva detto di non farlo». «Sempre la Ferrara – ha aggiunto – mi disseche mi figlia aveva problemi psicologici e di portarla in un centro dove non l’ho mai portata».
Un centro del quale la Caponi - l’ha detto il pm Alemi chiedendo l’acquisizione di atti – è risultata essere socia. I bambini venivano minacciati? «Sì, di finire nella stanza buia», ha riferito la madre. Pressante il contro esame delle difese, arrivato fino sui messaggi whatsapp che la stessa mamma (era rappresentante di classe) avesse fatto circolare nei giorni della denuncia e sulle circostanze di una vicenda che vede posizioni diverse. Anche le altre testimonianze dei genitori hanno parlato di strattonamenti e nocchini, ma hanno anche sottolineato che il nome della maestra Caponi non è mai emerso dai racconti dei bambini. Ma nei video affidati alla trascrizione di un perito e che saranno mostrati in aula c’è anche lei. Si torna in aula a luglio per altri testimoni. Poi le udienze sono caldendarizzate fino al 2019 quando, nei primi mesi, sarà pronunciata la decisione sul giudice su una vicenda che ha desttao clamore e sconcerto non solo nel Comprensorio del Cuoio ma in tutta la provincia di Pisa.