CARLO BARONI
Cronaca

Giallo del Tevere, caso dal giudice: "Il Dna potrebbe chiarire il mistero"

Il prossimo 16 gennaio in tribunale a Roma il gip deciderà se archiviare o disporre nuovi accertamenti

Federico Carnicci aveva 27 anni quando il suo corpo fu restituito dal Tevere

Federico Carnicci aveva 27 anni quando il suo corpo fu restituito dal Tevere

Santa Croce (Pisa), 23 dicembre 2022 - Federico Carnicci faceva l’operaio, aveva 27 anni, e viveva tra Santa Croce e Fucecchio quando decise, nella primavera del 2015, di andare a Roma a fare un’esperienza di strada con un gruppo di punkkabestia. Sarebbe tornato dopo qualche mese, aveva detto, con le idee più chiare sul suo futuro. Invece non tornò mai più. Il giallo comincia tra il 6 ed il 7 luglio 2015: il 27enne scompare. Furono alcuni del gruppo con cui viveva, il mattino dopo, a fare la denuncia di scomparsa. Dopo dieci giorni il Tevere restituì il suo corpo. Come c’era finito? Un mistero lungo sette anni che vede una seconda indagine sul caso ancora in stallo, e in mezzo il dolore di una famiglia che non si è mai data per vinta. Pochi mesi fa, la mamma di Carnicci, disse infatti, al nostro giornale: "ancora non ho finito di sistemare la tomba di mio figlio, perché ogni giorno mi alzo con la speranza di essere avvertita che la Procura di Roma ha disposto la riesumazione del cadavere per nuovi accertamenti".

E nei prossimi mesi, questo, potrebbe anche accadere. Sarà il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Roma Angelo Giannetti – si apprende – a decidere definitivamente sulla annosa questione relativamente alla morte di Carnicci. Il 16 gennaio ci sarà terrà l’udienza fissata per discutere l’opposizione all’archiviazione depositata dai familiari di Federico dal loro legale, l’avvocato, Luigi Fornaciari Chittoni del foro della Spezia.

Il gip di Roma, infatti, ha ritenuto ammissibile l’opposizione alla richiesta di archiviazione presentata a luglio dal pm Cusani e dovrà decidere in merito: se archiviare definitivamente il caso oppure dare luogo a quelle indagini richieste sin da luglio 2021 all’esito di una perizia investigativa della criminologa Sara Bardi di Grosseto che oggi si avvale anche della consulenza della collega Elena Angelini di Rimini. Un imponente lavoro di indagini difensive con tanto di perizia contenente colloqui con persone che all’epoca dei fatti conoscevano e frequentavano Federico a Roma, e con l’acquisizione di altri elementi quali messaggi whatsapp, telefonate, e soprattutto dei rilevi effettuati nella tenda dove aveva dormito il Carnicci, probabilmente l’ultima sera".

In particolare, nell’atto di opposizione è stata indicata – viene spiegato – la necessità di ascoltare diversi testimoni presenti ai fatti che non sono stati sentiti all’epoca in cui furono fatte le indagini, e di eseguire la riesumazione del cadavere al fine di effettuare una comparazione sulle tracce del Dna del sangue della vittima con quelle tracce ematiche rinvenute nella tenda di Federico a seguito di esami dei consulenti della difesa. All’atto di opposizione sono stati allegati dei file audio ritenuti dai consulenti della famiglia e dal loro legali significativi per nuovi approfondimenti intorno alla circostanze della morte e alla possibilità che la morte del Carnicci non sia stato un incidente. Si apre quindi un ultimo capitolo della vicenda, che però per la prima volta approda ad un’udienza e familiari del Carnicci – fanno sapere – sono fiduciosi che stavolta nonostante gli anni trascorsi si possa far luce su una vicenda che presenta tante ombre e lati oscuri non ancora risolti".

Dopo una prima archiviazione il caso venne riaperto due anni dopo per omissione di soccorso (a carico di ignoti) ed è ancora questo, si apprende, il titolo di reato per il quale si procede. L’autopsia aveva rivelato che il giovane era morto "per choc termico con arresto cardiocircolatorio e respiratorio". Insomma un tuffo nelle acque fredde del Tevere in piena notte. Ma i familiari sospettano che ci sia dell’altro. La madre, Lidia Speri, non l’ha mai nascosto: "eravamo nel cuore di un luglio torrido ed il Tevere non era gelato". Qualcosa di non chiarito potrebbe essere successo davvero, quella notte maledetta, "sotto ponte".