DIMICHELE QUIRICI
Cronaca

Gli attentati a Mussolini e la pista cittadina

Nel 1931 viene arrestato Michele Schirru e nelle indagini viene coinvolto Giuseppe Polidori. Ecco la cronaca della vicenda

di Michele Quirici

Della storia d’Italia nel periodo fascista la maggioranza delle persone conosce per sommi capi solo le tappe e gli avvenimenti più importanti. Al di là di questa facile considerazione gli italiani spesso dimenticano tutti quegli atti di “resistenza silenziosa”, come li ha definiti qualcuno, che furono compiuti durante il regime. Dal più piccolo al più grande gesto e proposito che spesso sono stati pagati con la prigione o con la vita. Per combattere gli oppositori, il fascismo istituì il Tribunale speciale per la difesa dello Stato con competenza sui reati contro la sicurezza (per i quali era prevista anche la pena di morte) ed un collegio giudicante formato da membri della Milizia e da militari, l’Ovra (Opera vigilanza repressione antifascismo, ndr), la polizia segreta e il confino di polizia. In pochi conoscono il numero di quante volte la vita del Duce ha rischiato di essere strappata alla storia.

Un avvenimento che avrebbe cambiato il corso degli eventi e che ci avrebbe consegnato un destino diverso. Il 4 novembre 1925 il deputato socialista Tito Zaniboni organizzò il primo attentato di una lunga serie contro Benito Mussolini. Il piano prevedeva di sparare con un’arma di precisione da una finestra dell’albergo Dragoni di fronte al balcone di palazzo Chigi, da cui si sarebbe affacciato il duce per celebrare l’anniversario della vittoria. Il politico intendeva usare un fucile austriaco “a cannocchiale puntato” e dalla camera 90 al quinto piano, che distava solo ottanta metri dal cuore del Duce, avrebbe avuto gioco facile essendo un buon tiratore. Zaniboni venne tradito e arrestato poche ore prima di compiere l’azione insieme al generale Capello. Il governo ordinò lo scioglimento del Partito socialista unitario a cui lo Zaniboni apparteneva e la sospensione del quotidiano La Giustizia. Zaniboni rimarrà in carcere fino alla data dell’armistizio, 8 settembre 1943. L’anno dopo quel tentativo, il 7 aprile 1926, fu una donna a sparare a Mussolini, ferendolo di striscio al naso: Violet Albina Gibson, figlia di Lord Edward Gibson, Cancelliere d’Irlanda. Quella mattina il Duce usciva dal palazzo dei Conservatori in Campidoglio dove aveva aperto un congresso internazionale di chirurgia e tra la folla si fece strada la Gibson che estrasse una “Lebel” colpendo le pinne nasali di Mussolini. La donna venne definita una “squilibrata” e ricoverata in una clinica romana, successivamente trasferita in un ospedale psichiatrico inglese ove vi rimarrà fino alla morte nel 1954. L’11 settembre 1926 toccò all’anarchico Gino Lucetti che scagliò una bomba contro l’auto del duce a Porta Pia a Roma, ma essa rimbalzò sulla vettura, esplodendo a terra. Condannato all’ergastolo sarà liberato dagli alleati.

Il 31 ottobre fu la volta di Anteo Zamboni. Mussolini era a Bologna per inaugurare lo stadio littorio. Appostatosi in piazza Nettuno, Anteo Zamboni sparò contro Mussolini, mancando il bersaglio. In reazione a tale gesto, gli squadristi di Arpinati si gettarono sullo studente quindicenne e lo linciarono a calci e coltellate. Il 29 maggio 1931 venne fucilato Michele Schirru anarchico sardo che, emigrato in America, tornò in Italia per compiere un attentato contro Mussolini. In questa vicenda venne coinvolto un pontederese, Giuseppe Polidori che viveva a Londra. Il 17 giugno 1932 si chiuse la serie di sventati attentati con quello di un italiano emigrato in Belgio e tornato in patria per uccidere il Duce: Angelo Pellegrino Sbardellotto. La repressione crebbe a mano a mano che questi eventi si manifestarono e la polizia fascista non conobbe mai sosta sorvegliando tutto e tutti.