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Un sequestro di borse
Pontedera, 25 ottobre 2016 Nessun dubbio, per gli esperti delle case di moda si tratta di prodotti falsi, con i loghi talvolta riprodotti in modo grossolano e con i certificati di garanzia la cui incompletezza (come ad esempio la mancanza della descrizione in più lingue) è la prima prova manifesta dell’oggetto o del tessuto «tarocco», anche se tutto sommato ben assemblato e confezionato. E’ iniziato a Pisa, davanti il giudice monocratico Paola Giovannelli, il processo a carico dei due cinesi nella cui disponibilità fu trovato, in un capannone che avevano preso in affitto a Pontedera, nella zona industriale a La Bianca, un’ingente quantità di merce griffata: oltre 160 mila articoli di abbigliamento e accessori, con marchi contraffatti. Merce che, all’esito di una lunga e complessa indagine, fu sequestrata dalla guardia di finanza all’interno di un capannone che era stato affittato a cittadino cinese, residente a Prato.
In particolare si trattava di borse di Dior, Chanel, Gucci, Prada e Louis Vuitton e circa 4mila 800 metri quadrati di tessuti e pellame usati per confezionare i prodotti taroccati, alcuni dei quali, come modelli di borse di Chanel, non è escluso che fossero destinati alla vendita nei negozi, spacciandoli per articoli originali. Merce che sul mercato avrebbe garantito volumi d’affari per almeno 4milioni e mezzo di euro. Un giro enorme, collegabile ad organizzazioni criminali, tenuto conto che si tratta di capitali che sarebbero sfuggiti al Fisco. A giudizio ci sono Shangjin Zheng, 35 anni, e Zhengya Yang, 45 anni, entrambi difesi dall’avvocato fiorentino Massimo Fusi. I due devono rispondere dei reati di ricettazione e di introduzione sul territorio italiano e di commercio, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati. In udienza è stato sentito anche il proprietario del capannone che ha riferito sull’identità della persona con cui aveva contratto gli accordi dell’affitto e sulle modalità con cui il canone veniva pagato. Sono stati poi ascoltati consulenti e periti delle celbri case di moda – da Dior a Louis Vitton – che si sono costituiti parte civile nel processo penale. Il giudice ha disposto, per la prossima udienza, l’audizione di altri teste del pubblico ministero e l’acquisizione del corpo del reato.