ORENTANO
di Carlo Baroni
"Sono stato io, sono stato io. Sì l’ho uccisa io, ma non ero andato a casa sua per ucciderla, ho tirato fuori la pistola e ho sparato". Poi, Francesco Lupino, 49 anni, tatuatore di Corte Nardi a Orentano, è scoppiato in un pianto dirotto dopo aver ammesso di essere stato il killer Khrystyna Novak, 29enne ucraina, scomparsa a novembre e il cui cadavere è stato ritrovato il 21 maggio. Il crollo di Lupino, nell’interrogatorio fiume con il pubblico ministero Egidio Celano e il dirigente della squadra mobile di Pisa Fabrizio Valerio Nocita è avvenuto, si apprende, al momento della rilettura del verbale e di fronte alle contestazioni. Lupino – presente il suo legale, avvocato Valentina Marcucci, spiazzata dalla improvvisa confessione – ha anche ricostruito le fasi dell’omicidio spostandolo in avanti di alcune ore i fatti rispetto alle ipotesi fatte dagli inquirenti: l’uccisione della donna, finora ipotizzata nella notte tra l’1 e il 2 novembre, è avvenuta – secondo il racconto del tatuatore – alle 10.30 del 2 novembre e per 24 ore ha lasciato il corpo lì, dopo averle sparato un solo colpo che l’ha raggiunta al volto, nella zona occipitale dell’occhio destro e che ha trapassato il cranio della ragazza. Un colpo che, secondo gli accertamenti condotti, è rimbalzato nel muro – dove la polizia trovò la scalfittura e residui di filamento metallico – e poi l’ogiva è caduta a terra. Il 49enne sarebbe tornato il giorno 3 nella villetta per ripulire la casa e nascondere il cadavere.
Ma cosa sarebbe successo? Lupino già la mattina della domenica, all’indomani dell’arresto del fidanzato della Novak, Airam Gonzalez - finito in manette per armi e droga dietro una soffiata dello stesso tatuatore - si recò a casa della ragazza, rimasta sola, per parlarci e mostrare il “volto amico“. Ma lei lo mandò via. Così ci tornò il giorno seguente quando Khrystyna affrontò con piglio il vicino di casa da cui stava convincendo il fidanzato ad allontanarsi e smetterla con i traffici illeciti che condividevano: "So che sei stato tu", disse la ragazza a Lupino. "Ti rovino, racconto tutto di quello che hai fatto". "A quel punto non ci ho più visto", ha raccontato Lupino agli inquirenti, ha preso la pistola che aveva infilata dietro i pantaloni e "ho sparato, un solo colpo".
"L’ho vista cadere a terra", ha aggiunto, in una pozza di sangue, e preso dal panico scappò. Lupino ha anche precisato di essere andato dalla 29enne dopo aver assunto droga e alcol, un mix che lo accompagnava da tempo, da quando – in particolare – aveva ripreso a trafficare con gli stupefacenti. "Lei era una brava ragazza, non c’entrava nulla, in condizioni normali non l’avrei mai fatto", ha aggiunto Lupino, riferendosi allo stato di alterazione che avrebbe aiutato ad armare la mano. Intanto, per ora, la procura gli contesta la premeditazione del delitto.
Il cadavere della Novak, poi, resterà in casa per ventiquattro ore, un tempo nel quale il 49enne ha maturato il progetto di cancellare le prove e sbarazzarsi del corpo. E questo succede il giorno 3 novembre: mentre la compagna di Lupino è intenta a fare un tatuaggio lui inizia l’opera, avvolge il cadavere della Novak in un telo verde di tessuto non tessuto, lo trascina fuori nelle vicinanze di un canale di scolo e ripulisce la scena del crimine con acqua e candeggina, utilizzando dei guanti. "Tutto da solo".