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I Dialoghi di Pistoia. L’anima si piega al cibo. A tavola fra riti e moda
C’è stato un tempo in cui l’unica, sacrosanta religione a tavola la scriveva la mamma. Piatti fumanti e appetitosi, spesso di tradizione, capaci al solo odore di raccontare un’idea: casa. Poi, tra manie e fobie, ecco il cibo da piacere trasformarsi in altro, diventando onnipresente, ossessionante, tra eccessi di salutismo e esagerate sovraesposizionei tanto da generare il fenomeno del "foodporn".
A indagare nella trasformazione, a metà strada tra religione vera e mode infestanti, è l’antropologa Elisabetta Moro, autrice con Marino Niola del saggio "Mangiare come Dio comanda" (Einaudi, 2023). Sarà questo libro a far da sponda per l’incontro che si terrà questa mattina al teatro Bolognini di Pistoia, ultima anteprima del festival Dialoghi di Pistoia che sarà (ore 11, anche in streaming sui social della rassegna).
Professoressa, che c’entra Dio con il cibo?
"Le regole religiose hanno da sempre condizionato non solo i comportamenti alimentari, ma anche la visione che noi abbiamo del cibo. Essendo noi esseri culturali, il cibo non è solo nutrizione ma anche simbolo, rito, linguaggio, relazione. E dentro tutti questi aspetti ecco insinuarsi Dio".
Cooking show, talent, canali monotema, food blogger, c’è una specie di bulimia attorno al tema cibo: perché non ci passa mai la fame di spettacolarizzazione?
"Ciò accade perché il cibo in questo momento è il pensiero dominante dell’Occidente. Nei secoli siamo stati portati a credere sempre meno nell’adilà, sempre più nell’aldiqua. Cerchiamo di avere un controllo fortissimo sul nostro corpo e carichiamo il cibo di tanti significati. Nascono da qui tutte le cosiddette cibofobie, malesseri avvertiti dalle persone quando devono decidere come mangiare. Nascono così disturbi gravi come anoressia, bulimia ma anche ortoressia, la sindrome del mangiare corretto, di ingerire ciò che è giusto e perfetto. Altra faccia dello stesso fenomeno è la cibomania, ovvero il cibo quale pensiero dominante. Un tempo a dare piacere era la cucina della mamma: oggi ci pensano gli chef famosi, divenuti sex symbol, sacerdoti di distribuzione dei piaceri".
La categoria dei biologi-nutrizionisti è da tempo in crescita. Sono loro i guru, noi i discepoli?
"Un tempo le nostre preghiere le rivolgevamo a Dio. Oggi è ai nutrizionisti che chiediamo di salvarci".
Cosa si è perso nella nostra relazione col cibo che dovremmo recuperare?
"Il rapporto con il piacere. Il peccato di gola è diventato un fantasma, abbiamo paura di concederci cose buone per paura di malattie o chili di troppo. È come se non fossimo riusciti a fare un salto vero dentro la libertà, che è anche saper amministrare i propri piaceri senza regole".
Lei è co-direttrice del Museo virtuale della Dieta Mediterranea. Di che si tratta?
"Un portale gratuito (www.mediterraneandietvm.com) in italiano e in inglese che raccoglie ad oggi trecento interviste a chef centenari, artisti e scienziati che ci raccontano cosa è per loro il cibo per loro. Perché la dieta mediterranea non è mai solo cibo ma anche relazione, amicizia, convivialità, festa".
Linda Meoni