Investì ciclista danese in vacanza. Il caso per la terza volta in appello

La cassazione ha nuovamente annullato la sentenza dei giudici di secondo grado

Investì ciclista danese in vacanza. Il caso per la terza volta in appello

Investì ciclista danese in vacanza. Il caso per la terza volta in appello

Si torna di nuovo in appello. Per la terza volta. L’ha disposto la Corte di Cassazione. E’ il processo per l’omicidio colposo di un cicloturista danese di 71 anni, Verner Danvogg, che era in vacanza a Pomarance con la moglie. Il fatto accadde la mattina del 18 luglio 2016 quando l’uomo venne colpito dall’utilitaria guidata da un automobilista lungo la Srt 68 in direzione Saline di Volterra. Alla guida del mezzo c’era un giovane di Certaldo che stava tornando da un week end al mare.

Già nel 2021 gli ermellini avevano annullato con rinvio la sentenza d’appello che aveva confermato la condanna inflitta dal gup di Pisa – un anno di reclusione (pena sospesa) – nei confronti del 27enne. Nel marzo dello scorso anno i giudici di secondo grado hanno nuovamente confermato la prima sentenza. Da qui un nuovo ricorso dell’imputato per Cassazione – difeso dall’avvocato Alberto Cristofani – lamentando il vizio di motivazione in merito all’accertamento del concorso di colpa del ciclista e l’omessa risposta alla richiesta di sostituzione della revoca della patente con la sospensione. La Cassazione ha ritenuto che la ricostruzione dei giudici di secondo grado "non risponda alle richieste di approfondimento" che la corte stessa aveva fatto. "Non è in discussione la responsabilità dell’imputato – rilevano gli ermellini – ma la possibilità di applicargli l’attenuante con la diminuzione della pena fino alla metà, e con l’ulteriore precisazione che anche una minima percentuale di colpa potrebbe integrare l’invocata attenuante speciale". "Tale evenienza – scrive la Cassazione – passa per l’accertamento della posizione del ciclista nella carreggiata, siccome il codice della strada stabilisce che I veicoli sprovvisti di motore e gli animali devono essere tenuti il più’ vicino possibile al margine destro della carreggiata". La Corte territoriale ha reso sul punto – secondo la la Cassazione – "una motivazione perplessa, perché prima ha ipotizzato che procedesse a 20-30 centimetri dal bordo stradale, poi a 50-70 centimetri, quindi, ha affermato che gli effetti personali erano stati trovati a 1 metro e 70 centimetri dal bordo strada". Da qui un nuovo processo.

Carlo Baroni