di Gabriele Masiero
Si scrive Armando Punzo ma si legge Compagnia della Fortezza. E viceversa. Il regista teatrale è stato recentemente premiato dal presidente Mattarella come uno dei 31 “esempi civili“ del Paese. Per lui, 64 anni e una vita spesa per il teatro, più della metà della quale spesa “dietro“ le sbarre e a contatto con i detenuti. Punzo, infatti, è stato nominato Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica "per avere messo a disposizione delle persone detenute la sua esperienza di regista e attore di teatro". Con il suo progetto "Per Aspera ad Astra" realizza percorsi di formazione professionale nei mestieri del teatro per i detenuti nelle carceri italiane.
E i primi passi di questo percorso, oggi esteso in tante altre case di reclusione italiane, li ha mossi proprio a Volterra dove nel 1988 ha fondato la Compagnia della Fortezza, che negli anni è diventata una vera e propria compagnia teatrale pluripremiata. "Per Aspera ad Astra – Come riconfigurare il carcere attraverso la cultura e la bellezza" è il titolo del progetto di Punzo, nato nel 2018 e che oggi coinvolge 16 penitenziari italiani. Quello del drammaturgo di origini napoletane è un “miracolo“ culturale che negli anni ha messo radici ovunque e che è stato talvolta anche sinonimo di riscatto per chi ha sofferto la detenzione.
L’iniziativa, promossa da Acri, l’associazione di Fondazioni e di Casse di risparmio, e sostenuta da 12 Fondazioni di origine bancaria, è una sorta di spin off della Compagnia della Fortezza di Volterra ideata da Punzo. Quell’esperienza ultratrentennale guidata dal drammaturgo campano, infatti, è diventata un progetto nazionale. O meglio, una “piattaforma“ di buone pratiche esportabile anche in altre carceri d’Italia. Così è nata una rete nazionale di compagnie teatrali che operano nelle case di reclusione che ne condividono l’approccio e la metodologia di intervento.
"Il progetto dimostra - ama ripetere Punzo - che è possibile lavorare nelle carceri mettendo al centro l’arte e la cultura, lasciando che essa possa esprimersi a pieno e compiere una rigenerazione degli individui, che possa quindi favorire il riscatto personale e avviare percorsi per il pieno reinserimento del detenuto nel mondo esterno". Una ricerca della bellezza che parta da dentro per concretizzare "fuori". Verso quel fuori che è, appunto, sinonimo di riscatto e di ripartenza per una nuova esistenza oltre la pena.