Ha preso carta e penna Giuseppe Chelli. L’ha fatto più violte negli ultimi trent’anni per fare chiarezza sulla strage del Duomo. L’ha fatto anche con grande efficacia: furono le sue ricerche, riunite in una lunga memoria, alle soglie degli anni Duemila a fare riaprire le indagini della Procura militare de La Spezia all’esito della quali il giudice archiviò il fascicolo a farico dei tedeschi per suppostio crimine di guerra. E l’ha fatto anche stavolta: ha scritto all’eplosiviologo Danilo Cappe, incaricato da Comitato Gori di fare indagini per capire la provenienza di fabbricazione dell’obice che causò la morte di 55 persone il 22 luglio 2944.
"Sono un superstite della strage del Duomo, oggi novantenne, da cui uscì sano e salvo a differenza del fratello ventenne che morì – scrive Chelli – . Onestamente credo che la verità (da sempre conosciuta, ma occultata per sessanta anni) sia stata comprovata storicamente ed affermata giudiziariamente, seppure frange del Pci continuano nell’intento di corroborare la menzogna da loro escogitata nel 1944 e sostenuta ancora col falso desiderio di scoprire la (loro) verità, cioè la responsabilità tedesca della strage". "A trovare “la prova” hanno chiamato lei per la sua alta ed affermata professionalità – prosegue Chelli –. Dopo l’infruttuosa ricerca di schegge nei resti delle vittime, solerti compagni, hanno preso di mira quel che rimane dei colonnini marmorei del balaustro, danneggiati dallo scoppio. Credo che anche questa ricerca finirà alle calende greche, e mi dispiace, perché continuare dopo ottanta anni la disputa ideologica è veramente insensato. E sa perché? Perché le schegge estratte dal cadavere del figlio, la signora Gina Scardigli le consegnò alla commissione comunale con l’intento di portare il proprio doloroso contributo al raggiungimento della verità. Come, pure, il reperto che il maresciallo Conforti consegnò al capitano Jacobs che lo certificò spoletta di un proiettile americano".
"Quindi non c’è bisogno di esumare cadaveri, di scavare terreni all’invenzione di pezzi di marmo, basta andare all’archivio comunale: dove sono i verbali e le deposizioni originali dei testimoni dell’inchiesta, devono esserci anche i suddetti reperti autentici. Se disgraziatamente non ci fossero sarebbe una prova in più che il Pci (e deviati) è sempre stato interessato più che ad affermare la verità ad esaltare i valori dell’ antifascismo e della Resistenza, di cui si vanta come fossero prerogative esclusive della sinistra". Il dibattito è di nuovo acceso.