I dazi di Trump? "Sarebbero un’altra tegola", dice Michele Matteoli, presidente del Consorzio Conciatori di Ponte a Egola. L’imposizione di dazi addizionali, ventilati dal nuovo presidente Usa, farebbe calare le nostre esportazioni verso gli Usa. E quel mercato, anche per il mondo della moda, è importante per il nostro Paese e per il distretto delle pelle. "Le concerie verrebbero colpite di riflesso – spiega Matteoli – perché più che la pelle, probabilmente, andrebbero a colpire il prodotto finito come pelletteria e calzature. Ma è chiaro questo si rifletterebbe anche sul nostro lavoro e il momento per ulteriori criticità è, come ben noto, dei peggiori". Il quadro della filiera della moda e del mondo conciario resta preoccupante. "Siamo entrati nel 2025 portandoci dietro tutti i problemi con cui abbiamo chiuso un anno difficilissimo – aggiunge Matteoli –. Se qualche piccolo movimento si è manifestato, si è anche già spento. E c’è bisogno di sostegni a tutti i livelli, il settore è in forte difficoltà. In questo momento ci sentiamo soli davanti ad una crisi importante e sulla quale, ad oggi, non vediamo soluzioni almeno pr questa stagione".
Le aziende hanno bisogno di un più facile accesso alla liquidità, serve la garanzia degli ammortizzatori sociali con l’azzeramento dei contatori, c’è bisogno di supporto ai distretti. Qualcosa è stato fatto. Ma serve di più."Nel comparto la preoccupazione è tangibile – ammette Matteoli –. In questo momento la crisi in atto preoccupa più di Trump. Tutti consapevoli che il mercato americano è strategico e che, comunque, anche i dazi sarebbero un problema in più". Non è la prima volta che anche la pelle trema per Trump. Successe nel 2018 nella guerra dei dazi fra Usa e Ue. Incognite, queste, che arrivano proprio mentre la pelle è protagonista nella Grande Mela. Oggi e domani è in scena Lineapelle New York negli spazi del Metropolitan Pavilion: oltre 100 aziende esporranno i loro campionari andando alla scoperta di un mercato determinante per il Made in Italy alle prese con una transizione presidenziale a cui tutto il mondo guarda per capire come potrebbero cambiare una lunga serie di equilibri economici e geopolitici. Uno sguardo fatto di attese e, appunto, forti preoccupazioni per i nuovi scenari che potrebbero aprirsi. E non necessariamente con novità positive.
Carlo Baroni