Dichiarata la prescrizione per alcuni capi d’imputazione, la corte d’appello aveva rideterminato la pena, a carico di un 70enne originario della zona, in 3 mesi e 20 giorni di reclusione per i residui reati legati alla fattispecie di maltrattamento di animali. Pena passata definitiva dalla Cassazione che ha respinto il ricorso dell’imputato che, in primo grado, era già stato assolto dalle violazioni delle legge sulla caccia e dalla violazione di sigilli. L’imputazione che aveva portato al processo contestava all’uomo – allevatore di avifauna con licenza di caccia – "di aver sottoposto a sevizie, senza necessità, uccelli appartenenti a specie particolarmente protette, detenendoli dentro gabbie e recinti angusti, in condizioni incompatibili con le loro caratteristiche, e di aver cagionato loro lesioni e la morte".
Nel ricorso, fra vari aspetti, difensore aveva lamentato agli ermellini – per le imputazioni oggetto di condanna – come non fosse indicato "quali esemplari di animali fossero detenuti in piccole gabbie, quali siano stati uccisi in quanto cacciati, quali siano stati catturati illecitamente con l’uso di reti, quali, tra quelli rinvenuti vivi, siano nati in cattività o siano di provenienza selvatica". "Non si specifica neppure – si legge – se gli animali uccisi, rinvenuti nel congelatore, siano di provenienza selvatica, in quanto cacciati regolarmente, o siano riprodotti in allevamenti". Il legale lamentava alla Cassazione sulla qualificazione giuridica dei fatti, che "alcune specie di animali per i quali vi è contestazione, non sono esistenti in stato di libertà, provengono da allevamenti e comunque non sono animali d’affezione o di compagnia", ragione per cui ritiene inappropriata l’applicazione della fattispecie di maltrattamento di animali.
I giudici, mandando definitiva la pronuncia d’appello, rilevano che non è "indispensabile indicare se gli animali, oggetto delle condotte di maltrattamento e di uccisione, siano di provenienza selvatica, siano stati catturati o siano nati in cattività, posto che ciò non assume alcun rilievo nella formulazione dell’ imputazione". La corte ricorda infine quanto dichiarato dal funzionario del servizio veterinario, circa le pessime condizioni igienico sanitarie in cui si trovavano gli animali, l’inidoneità degli ambienti dove erano detenuti e l’assenza di documentazione attestante la provenienza degli uccelli d’allevamento.
Carlo Baroni