REDAZIONE PONTEDERA

Narcotizzato e rapinato, condannata badante

Quattro anni e 8 mesi in primo grado per una 38enne straniera che si proclama innocente: "Scappai perché mi fece delle avances"

Si è difesa e davanti al giudice, durante l’interrogatorio, l’ha ripetuto: "Io non ho rubato alcunché, non gli ho dato medicinali, mi sono impaurita e sono scappata anche perché mi aveva fatto delle avances". Per l’accusa lei, invece, avrebbe narcotizzato l’anziano con l’obiettivo di derubarlo. L’avrebbe fatto, secondo quanto emerso somministrandogli benzodiazepine. Messo "ko" il nonno – secondo il copione accusatorio – la donna, 38enne, originaria dell’Est Europeo avrebbe poi fatto una sorta di pulizia "straordinaria" nell’appartamento, seppur con magro bottino: denaro contante per cento euro, alcuni monili di bigiotteria rastrellati per casa e la chiave dell’appartamento.

Rapina pluriaggravata: questo il reato (per il quale le pene vanno da 7 a 20 anni di reclusione) che sarebbe stato consumato secondo la procura che ha chiesto e ottenuto di mandare la straniera a processo. E questo è il reato per il quale, ieri, la donna è stata condannata con rito abbreviato (sconto di un terzo della pena in caso di condanna) a 4 anni e 8 mesi di reclusione dal giudice per l’udienza preliminare del tribunale di Pisa Donato D’Auria. Un processo "lampo" nel quale la donna – assistita dall’avvocato Massimo Parenti con studio a Pontedera – ha chiesto e ottenuto di essere sentita in aula per difendersi, raccontare la sua diversa versione dei fatti rispetto al teorema della pubblica accusa sostenuta dal pubblico ministero Giancarlo Dominijanni. La persona offesa è un 78 enne residente in Valdera che è stato rappresentato in giudizio dall’avvocato Daniela Rondoni. I due, l’anziano e la 38enne, si sarebbero conosciuti – fatti del 2020 – in un bar e l’uomo avrebbe invitato la donna a casa, visto che di professione faceva la badante, dicendole che avrebbe potuto fare le pulizie dell’appartamento. Ma una volta in casa le cose sarebbero andate diversamente e le versioni sulla sequenza degli accadimenti, appunto, divergono.

La donna dice di non aver dato il sonnifero all’anziano e di non aver toccato nulla nella casa. Invece sarebbe stata proprio una sua impronta digitale rilevata dagli inquirenti sulla bottiglia del vino che l’uomo aveva bevuto e nel quale ci sarebbe stato aggiunto il sonnifero, ad incastrarla. A chiedere aiuto per l’anziano fu la figlia quando si recò a casa del padre che non rispondeva al telefono: l’uomo è soggetto con diversi problemi di salute, in età avanzata e che aveva assunto – sarà accertato – il sedativo bevendo vino.

Chiamati i soccorsi, successivamente, scattò anche la denuncia quando padre e figlia capirono che in casa mancavano soldi e oggetti, e che qualcosa era accaduto. Così partirono spedite le indagini dei carabinieri del nucleo operativo della compagnia di Pontedera all’esito delle quali è finita, prima nei guai e poi a processo, la 38enne che continua a proclamarsi innocente. Anche per questo, lette le motivazioni delle sentenza, si apprende, l’avvocato Massimo Parenti, annuncia già che porterà il caso davanti alla corte d’appello di Firenze.

Carlo Baroni