
Omar Pedrini a Santa Luce: Lo ‘zio rock’ sceglie le colline del piccolo Tibet
Domenica alle 21:30, Omar Pedrini si esibirà in un set elettro-acustico nella splendida cornice del Podere Cortesi, in Via di Casimarsi 8 a Pastina di Santa Luce. Cantautore, poeta, attore, docente, autore e conduttore radiotelevisivo: nella la sua carriera ha dimostrato di essere un artista a tutto tondo, attento osservatore dell’animo umano, pronto a farsi contaminare dalle più diverse ispirazioni.
La chiamano “zio rock”, è stato il leader dei Timoria, band più importante nel rock italiano degli anni 90. In un mondo in cui la musica “ribelle” e “giovane” è rappresentata dalla trap o dall’urban-pop, che posto ha il rock nel 2023?
"Per la seconda o terza volta sono stati fatti i funerali al rock, l’abbiamo già visto con la disco music e la dance, per esempio. Se si accende la radio, sembra che questo genere sia scomparso, ma come recita il pezzo di Neil Young “Hey, hey, my, my”, il rock non morirà mai. Non è solo uno stile musicale, avrebbe già esaurito la sua carica. È tante altre cose: un movimento culturale che dagli anni 50 ha attirato tutte le altre forme artistiche e un importante mezzo per l’impegno sociale. In questo momento è un po’ una musica di nicchia, ma per fortuna è trasversale nei confronti dell’età. Mi chiamano “zio rock” perché i fan della prima ora hanno cominciato a portare i figli ai miei concerti, sono come uno zio. Ogni generazione ha la sua musica, è giusto così, ma il rischio e di perdere la capacità di saper suonare uno strumento, per l’intenso uso della tecnologia".
È da poco uscito “Sospeso”, il suo diciottesimo album, come è nato?
"L’ho registrato tutto in Toscana, nel mio ‘buen retiro’, dove tra l’altro faccio vino e olio da molti anni. Ho voluto fare un disco molto onesto, ogni pezzo è un messaggio per le nuove generazioni. Il leitmotiv è: non c’è da dire, ma da fare, dobbiamo agire".
Le sue opere mostrano forte sensibilità per temi importanti come l’ambiente, la pace e i diritti umani: crede che un’artista abbia delle responsabilità nei confronti di chi l’ascolta?
"Decisamente. Ogni cosa che facciamo ha un effetto, anche le canzoni e il loro contenuto. Mi spiace vedere scenari musicali dove i giovani non si occupano dei loro temi, l’ostentazione della ricchezza materiale sembra sia l’unico argomento: è una visione allucinata della realtà e controproducente".
Ha avuto vari problemi di salute questi eventi hanno cambiato il suo approccio alla vita?
"Quando mi sono accorto di avere un problema congenito al cuore, che mi ha fatto fare sette operazioni in 18 anni, ho realizzato quanto fosse prezioso il tempo che avevo a disposizione. è stato un piccolo privilegio, mi ha permesso di individuare la differenza fra le cose “importanti” e quelle “urgenti”".
Il prossimo 27 agosto sarà a Pastina di Santa Luce in acustico: ha qualche legame con questo territorio?
"A metà degli anni 90, insieme a Jovanotti, Nomadi e C.S.I. facemmo un concerto al Palalido di Milano, dove ebbi l’opportunità di incontrare il Dalai Lama. Da lì iniziò il mio rapporto con la causa tibetana: supporto l’associazione Sangha Onlus, che si occupa della costruzione del Lhungtok Choekorling, il primo monastero di tradizione buddhista tibetana in Italia (a Pomaia) e ho frequentato l’Istituto Lama Tzong Khapa. Questa campagnaè per me il luogo della spiritualità, splendida natura e profumo del mare che arriva sulle colline; ma anche dell’operosità e dello spirito dell’Italia migliore. Ho amici a Pontedera, che sento vicina mi ricorda molto la mia Brescia, un’altra città operaia".
Yari Spadoni