Omicidio Novak, l’appello bis. Ventiquattro anni a Lupino

La corte, dopo il rinvio della Cassazione, ha confermato l’aggravante dei futili motivi

Omicidio Novak, l’appello bis. Ventiquattro anni a Lupino

La corte, dopo il rinvio della Cassazione, ha confermato l’aggravante dei futili motivi

Sulla colpevolezza non ci sono dubbi. Ma quale delle versioni rese dall’imputato è stata ritenuta attendibile? "E’ rispetto a tale versione che dovrà essere formulato il giudizio di sussistenza o no dell’aggravante dei motivi futili", aveva stabilito la Corte di Cassazione nei mesi scorsi rinviando sul punto il caso davanti alla corte d’appello. E il processo bis di secondo grado a carico di Francesco Lupino, 53 anni di Orentano, si è tenuto ieri. Un processo per fare piena luce sulla sussistenza dell’aggravante dei futili motivi nell’omicidio della balleria ucraina Krystyna Novak del quale il tatuatore è reo confesso. Da quanto abbiamo appreso la corte d’appello, all’esito della discussione, ha ritenuto sussistenti i futili motivi confermando la condanna di Lupino – difeso con determinazione dall’avvocato Antonio Bertei – a 24 anni di reclusione.

Sotto la lente, appunto, erano finite due versione. Secondo la prima versione di Lupino la giovane aveva minacciato l’uomo di "mettere tutto in piazza": ovvero che avrebbe rivelato alla sua fidanzata che lo stesso aveva sniffato cocaina e aveva avuto una tresca con un’amica della ragazza. Mentre in seguito, l’imputato aveva arricchito la propria narrazione descrivendo un’interlocuzione di tipo diverso, nel senso che la vittima aveva prospettato anche una vera e propria denuncia di Lupino alla polizia. Sotto la lente, dunque, gli istanti che precedettero il delitto. Lupino uccise la ragazza con colpo di pistola alla testa. La donna era rimasta sola in casa dopo l’arresto del fidanzato – rappresentato in aula dall’avvocato Gabriele Dell’Unto – che Lupino stesso aveva incastrato con una soffiata alla polizia. Il tatuatore la uccise trasformandola in un fantasma il primo novembre 2020.

Nelle settimane successive gli accertamenti nella casa del delitto evidenziarono una scalfitura nel muro e un traccia ematica su una finestra. Fu poi lo stesso tatuatore di Corte Nardi, una volta incastrato e arrestato dalla squadra mobile, a raccontare di averla uccisa al pm Egidio Celano dopo tre mesi di carcere e dopo che gli inquirenti avevano ritrovato anche il corpo della 29enne gettato in un vecchio casolare in balia dei roditori.

Carlo Baroni